Sarà dedicato a Mons. Angelo Tafi l’Olmo d’Oro della Giostra dei Rioni di Olmo (in programma domenica 11 luglio) in occasione della ricorrenza dei 100 anni dalla nascita. Nella scheda di Santino Gallorini la presentazione di questo personaggio conosciuto da tutti gli aretini, ma anche senesi, per le sue molteplici attività.
Angelo Tafi, Angiolino all’anagrafe, era nato nel comune di Reggello (FI) il 5 aprile 1921 da padre originario della zona di Pisa, e mamma Angiolina del Toppo Frassinello (Castiglioni Fiorentino) ed era per questo motivo che don Angelo si diceva “Castiglionese per parte di mamma”.
Tafi si era laureato in Teologia presso l’Università Gregoriana, si era diplomato in paleografia archivistica e diplomatica presso l’Archivio di Stato di Roma. Aveva frequentato il Pontificio Istituto Biblico e, per 27 anni, aveva insegnato Religione in alcune scuole aretine tra cui il Seminario di Arezzo dove aveva insegnato anche Esegesi Biblica, lingua ebraica e lingua greco-biblica, oltre ad aver insegnato anche nel Seminario di Siena.
Fin da quando fu consacrato sacerdote svolse il servizio di parroco in parrocchie di campagna (Albiano, Bagnoro, Pergognano, Molin Nuovo) e si fece sempre apprezzare dai suoi parrocchiani per le sue belle parole, i suoi insegnamenti e la sua grande umanità.
Ma Tafi era anche il conferenziere che girava l’Italia per far conoscere la parola di Dio a laici e religiosi. Era anche lo storico della Chiesa e della Terra di Arezzo. A quest’ultima attività aveva dedicato i suoi sforzi maggiori, convinto che “volgarizzare, in fin dei conti è una maniera di evangelizzare; il mio scopo è far conoscere al popolo, col linguaggio più piano, affinché cresca. Divulgare, quindi, ma su basi scientifiche”.
Oltre alla storia si dedicava anche all’esegesi biblica ed al Nuovo Testamento.
Ben 65 le opere maggiori che Tafi ha dato alle stampe; alcune superano le 500 pagine! Tutte queste opere appaiono scritte in quel suo modo inconfondibile, semplice e piano, adatto a qualsiasi lettore. Perché, come scrisse un altro grande storico aretino, il prof. Alberto Fatucchi: “don Angelo pensa che il suo primo dovere sia di parlare a quanti più possibile e non solo agli specialisti …” e del resto lo abbiamo sentito spesso, don Tafi, asserire che non avrebbe avuto senso scrivere solo su riviste scientifiche, per far leggere “i tarli delle biblioteche”.
Mons. Tafi era innamorato della Terra di Arezzo, della sua antica e vasta Diocesi. Conosceva a menadito la storia delle Pievi aretine, quelle che chiamava “Madri vegliarde” del nostro popolo.
Grande pregio di Tafi era riuscire a mettersi al livello dell’interlocutore, che fosse un ministro, un cardinale o un umile campagnolo. Ricordo bene il Tafi amico dei contadini e della gente semplice in generale, con cui amava fermarsi a parlare appena gli si presentava l’occasione. E parlava con parole semplici, comprensibili, senza ostentare la sua grande cultura. Si poneva al livello dell’interlocutore di turno, al quale regalava pillole di saggezza, parole di conforto, scampoli della nostra storia, secondo le altrui esigenze.
Ricordo la tenerezza che don Angelo provò, anzi la vera commozione con tanto di occhi lucidi, quando alla Pieve di Chio incontrò una vecchina con un cagnolino al guinzaglio: Mons. Tafi si avvicinò ai due, iniziò a parlare con la donna e rimase colpito quando, alla domanda se volesse così tanto bene all’animale la vecchina rispose: “io ho solo lui e lui ha solo me”; una “risposta biblica!” sentenziò don Angelo.
Frequentare Mons. Tafi permetteva a tutti di crescere interiormente, nella conoscenza e nella fede.
Angelo Tafi ha dedicato parecchi volumi alla storia di tutte le pievi, di alcune chiese e alle vicende dell’antico territorio aretino.
In particolare, con i suoi volumi “Immagine di Arezzo” ha preso in esame ogni strada della città e ogni frazione dell’ampio comune.
Anche Olmo viene adeguatamente descritto e valorizzato nel libro di Mons. Tafi. Infatti, proprio partendo dal nome, Tafi ipotizza che esso abbia un’origine molto più antica dei documenti medievali in cui compare per la prima volta, ma venga bensì dall’epoca romana. Scrive: “Ci consta infatti come delle belle, annose piante potessero a quell’epoca essere prese come punti di riferimento per denominare mansioni lungo vie romane […] ed anche incroci viari: e questo sarebbe il caso nostro (ad ulmum)”.
Sottolinea l’importanza del crocevia dell’Olmo in tutte le epoche e racconta approfonditamente del più importante ritrovamento della zona, il cosiddetto “Cranio dell’Olmo”, frammenti ossei di un uomo preistorico “tra i più importanti ed interessanti dell’Italia e del mondo”.
Racconta delle vie etrusche e poi romane che qui convergevano da sud e da sud-ovest, alla volta di Arezzo. La nascita nel medioevo di uno spedale per i numerosi viandanti e pellegrini che transitavano da qui. Infine, lo sviluppo dell’abitato nel secondo dopo guerra con l’edificazione nel 1954 di una cappella nell’abitato storico di Olmo e la successiva edificazione della nuova e ampia chiesa, dedicata ai Santi Vincenzo e Anastasio, consacrata il 5 luglio 1964.
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