20 Febbraio 2024
Ma, si elegge a paladina la Michela Vittoria Brambilla ma quando lo si fa non bisognerebbe avere questi scheletri nell’armadio fosse solo per la credibilità quando si vuol fare quello che fa lei, non è vero paladina dell’ipocrisia? Leggete e fatevi un’idea, io è da tanto che ce l’ho e non sbaglio…
Pier
ARTICOLO SULLA BRAMBUILLA CLICCA QUI
ECCO LA VERA STORIA DI MICHELA BRAMBILLA… LA FINTA ROSSA CON I VERI CONTI IN ROSSO…
MICHELA SISTEMA A SPESE VOSTRE
Dà consulenze agli amici della ‘Tv delle libertà’, ma vuole l’Avvocatura di Stato per zittire i giornali
di Luca Telese
Esplode il caso Brambilla. Il ministro, sotto inchiesta per “danno erariale”, attacca Il Fatto per aver dato conto della sua gestione delle nomine nel mistero e negli enti che da questo dipendono. Curioso. In qualsiasi paese del mondo un ministro che sotto il suo mandato vede il fidanzato approdare alla guida di un ente da lui controllato chiede scusa, si dimette o perlomeno esibisce il proprio imbarazzo. In qualsiasi paese del mondo, un ministro che nomina alla guida della “struttura di missione per il rilancio dell’Italia all’estero ” un drappello di amici, ex dipendenti, ex datori di lavoro la maggior parte provenienti da un organo di partito (questo giornale l’ha definito con efficacia “ufficio di collocamento Brambilla ”) chiede scusa o rimette il mandato. E persino in questa Italia, il ministro Michela Vittoria Brambilla, all’inizio si era presumibilmente vergognata, o contava di ridurre il danno limitando la diffusione mediatica della notizia. Però poi qualcosa cambia. Dopo una risposta pubblica di Silvio Berlusconi che – interrogato sull’ascesa al ruolo di commissario Aci del suo fidanzato Eros Maggioni – nella conferenza stampa di fine anno la scaricava (“Sono casi spiacevoli: quando lei prende cento persone non può pretendere che ci siano cento santi…”), la Brambilla
annunciava causa civile contro questo giornale. Questa risposta del Cavaliere deve essere costata a Berlusconi qualche scudisciata, se è vero che dopo quattro ore il premier, sempre sensibile alle richieste della “ministra salmonata”, ritratta con una nota ufficiale (“Le indicazioni esposte sono frutto di mere illazioni epersonali supposizioni”).
E COSÌ, dopo due articoli del nostro quotidiano, dopo un delizioso capitoletto nel libro-inchiesta Tengo Famiglia (Aliberti) pubblicato due settimane fa dal giornalista di Panora ma Carlo Puca (“Brambilla, la donna dell’Eros ”), dopo una puntata di Report, e dopo l’avvio di una indagine della Corte dei conti, la Brambilla annuncia una “simbolica” r ichiesta di risarcimento (“solo” tre milioni di euro…) contro Il Fatto. Ne avevano scritto in molti. La nostra colpa? Raccontare per primi queste storie, e le altre che danno l’idea del Brambi-style: a partire dall’uso di elicotteri di Stato (anche per accorrere ad appuntamenti
di partito) e atterrare in una area non adeguatamente attrezzata (con relativo dispiego di mezzi di soccorso pagati dal contribuente) pur di consentire al
ministro di arrivare vicina a casetta. La nostra colpa è aver chiesto conto al premier dell’elezione di Maggioni. Avvenuta in condizioni rocambolesche, visto che il commissario nominato all’Aci dalla ministra – Bruno Ermolli – aveva escluso per vizi formali la lista concorrente a quella del signor Maggioni (e sua) consentendole di gareggiare da sola e vincere per assenza di concorrenti (e dispiace). Jacopo Bini Smaghi, leader della lista esclusa, fa ricorso al Tar e si rivolge alle procure, ma intanto Maggioni (professione odontotecnico) resta nel Cda.
Nel 2007 Michela disse: “Guadagno più di lui, ma sto ben attenta a non farne un campo di potere nella coppia”. Chissà oggi.
Quanto alla struttura di missione, la domanda non è arbitraria, visto che, come ha scritto Il Sole 24 Ore, “si ipotizza un danno erariale. La Procura del Lazio della Corte dei conti, guidata da Pasquale Iannantuono- scrive Il Sole – ha aperto l’istruttoria a seguito di notizie di stampa secondo cui oltre una decina di persone assunte presso il ministero come consulenti per il rilancio dell’immagine dell’Italia svolgerebbero attività di partito”.
Infine, visto che alla comicità involontaria non c’è limite, la ministra ha solennemente annunciato che si sarebbe fatta difendere dall’Avvocatura di Stato, ravvisando negli articoli de Il Fatto un danno per il ministero. Particolare grottesco, ma rivelatore: l’assunzione di una pattuglia di fedelissimi, e l’incredibile vicenda del compagno che approda al vertice della più importante sezione Aci d’Italia (Milano gestisce il business del gran premio di Monza, 50 milioni di euro), se provato, va considerato un danno della ministraall’immagine dello Stato.
Non certo un danno causato da chi scrive la notizia allo Stato. Ma la Brambilla non deve avere chiaro il concetto di distinzione fra pubblico e privato. E così per difendere se stessa le viene istintivo pagare le spese legali con i soldi dei cittadini. Mica male per chi dichiarava spavalda: “Sono una chevive del suo. E a differenza degli altri politici, non ho chi mi paga la pagnotta. Sono libera, dico e faccio quel che voglio, lo ammetto: non dover accontentare nessuno è il mio lusso”.
ALLA STRUTTURA di missione la Brambilla ha collocato Giorgio Medail, l’uomo che l’aveva assunta a Mediaset nel lontano 1989. E che lei stessa aveva collocato
alla guida di una sua impresa (fallimentare) l’indimenticata “Tv delle libertà”. Uno stile di governo che ieri ha ispirato a una senatrice del Pd, Roberta Pinotti,
una sacrosanta interrogazione: “A quale titolo viene utilizzata l’Avvocatura dello Stato per un contenzioso che riguarda un personaggio politico?”. Già, persino
i vecchi democristianoni dei tempi d’oro, avevano un loro stile.
Aggiunge la senatrice Pinotti: “Si tratta di una vicenda del tutto privata nella quale il ministro è accusato di aver concesso consulenzetramite il ministero del Turismo a persone che invece lavoravano per la televisione del Pdl.
Di questo la stampa ha dato conto e se il ministro Brambilla ritiene di essere stata personalmente diffamata, nulla le impedisce di aprire un contenzioso affidandosi a un avvocato che l’assista. Ciò che non può fare è rivolgersi all’Avvocatura giustificando questo comportamento di protervia come lesa maestà all’immagine del ministero ”. Una contraddizione chiara agli stessi dirigenti del ministero.
Il giorno dopo il primo comunicato, il capo di gabinetto, Claudio Varrone, era costretto a correggere il tiro: “L’azione non è volta a tutelare l’immagine del ministro ma quella delle strutture minister iali”. Ovvero. Un conto è l’immagine del ministro, un altro quella del ministero, e solo perqueste (secondo la seconda versione) interverrebbe l’Avvocatura. La Brambilla, che a chi scrive era persino simpatica, disse di Dell’Utri e Tremonti: “Sono come le mestruazioni. All’inizio fanno male, poi, passano”. Lei invece resta. Per ora.
annunciava causa civile contro questo giornale. Questa risposta del Cavaliere deve essere costata a Berlusconi qualche scudisciata, se è vero che dopo quattro ore il premier, sempre sensibile alle richieste della “ministra salmonata”, ritratta con una nota ufficiale (“Le indicazioni esposte sono frutto di mere illazioni epersonali supposizioni”).
E COSÌ, dopo due articoli del nostro quotidiano, dopo un delizioso capitoletto nel libro-inchiesta Tengo Famiglia (Aliberti) pubblicato due settimane fa dal giornalista di Panora ma Carlo Puca (“Brambilla, la donna dell’Eros ”), dopo una puntata di Report, e dopo l’avvio di una indagine della Corte dei conti, la Brambilla annuncia una “simbolica” r ichiesta di risarcimento (“solo” tre milioni di euro…) contro Il Fatto. Ne avevano scritto in molti. La nostra colpa? Raccontare per primi queste storie, e le altre che danno l’idea del Brambi-style: a partire dall’uso di elicotteri di Stato (anche per accorrere ad appuntamenti
di partito) e atterrare in una area non adeguatamente attrezzata (con relativo dispiego di mezzi di soccorso pagati dal contribuente) pur di consentire al
ministro di arrivare vicina a casetta. La nostra colpa è aver chiesto conto al premier dell’elezione di Maggioni. Avvenuta in condizioni rocambolesche, visto che il commissario nominato all’Aci dalla ministra – Bruno Ermolli – aveva escluso per vizi formali la lista concorrente a quella del signor Maggioni (e sua) consentendole di gareggiare da sola e vincere per assenza di concorrenti (e dispiace). Jacopo Bini Smaghi, leader della lista esclusa, fa ricorso al Tar e si rivolge alle procure, ma intanto Maggioni (professione odontotecnico) resta nel Cda.
Nel 2007 Michela disse: “Guadagno più di lui, ma sto ben attenta a non farne un campo di potere nella coppia”. Chissà oggi.
Quanto alla struttura di missione, la domanda non è arbitraria, visto che, come ha scritto Il Sole 24 Ore, “si ipotizza un danno erariale. La Procura del Lazio della Corte dei conti, guidata da Pasquale Iannantuono- scrive Il Sole – ha aperto l’istruttoria a seguito di notizie di stampa secondo cui oltre una decina di persone assunte presso il ministero come consulenti per il rilancio dell’immagine dell’Italia svolgerebbero attività di partito”.
Infine, visto che alla comicità involontaria non c’è limite, la ministra ha solennemente annunciato che si sarebbe fatta difendere dall’Avvocatura di Stato, ravvisando negli articoli de Il Fatto un danno per il ministero. Particolare grottesco, ma rivelatore: l’assunzione di una pattuglia di fedelissimi, e l’incredibile vicenda del compagno che approda al vertice della più importante sezione Aci d’Italia (Milano gestisce il business del gran premio di Monza, 50 milioni di euro), se provato, va considerato un danno della ministraall’immagine dello Stato.
Non certo un danno causato da chi scrive la notizia allo Stato. Ma la Brambilla non deve avere chiaro il concetto di distinzione fra pubblico e privato. E così per difendere se stessa le viene istintivo pagare le spese legali con i soldi dei cittadini. Mica male per chi dichiarava spavalda: “Sono una chevive del suo. E a differenza degli altri politici, non ho chi mi paga la pagnotta. Sono libera, dico e faccio quel che voglio, lo ammetto: non dover accontentare nessuno è il mio lusso”.
ALLA STRUTTURA di missione la Brambilla ha collocato Giorgio Medail, l’uomo che l’aveva assunta a Mediaset nel lontano 1989. E che lei stessa aveva collocato
alla guida di una sua impresa (fallimentare) l’indimenticata “Tv delle libertà”. Uno stile di governo che ieri ha ispirato a una senatrice del Pd, Roberta Pinotti,
una sacrosanta interrogazione: “A quale titolo viene utilizzata l’Avvocatura dello Stato per un contenzioso che riguarda un personaggio politico?”. Già, persino
i vecchi democristianoni dei tempi d’oro, avevano un loro stile.
Aggiunge la senatrice Pinotti: “Si tratta di una vicenda del tutto privata nella quale il ministro è accusato di aver concesso consulenzetramite il ministero del Turismo a persone che invece lavoravano per la televisione del Pdl.
Di questo la stampa ha dato conto e se il ministro Brambilla ritiene di essere stata personalmente diffamata, nulla le impedisce di aprire un contenzioso affidandosi a un avvocato che l’assista. Ciò che non può fare è rivolgersi all’Avvocatura giustificando questo comportamento di protervia come lesa maestà all’immagine del ministero ”. Una contraddizione chiara agli stessi dirigenti del ministero.
Il giorno dopo il primo comunicato, il capo di gabinetto, Claudio Varrone, era costretto a correggere il tiro: “L’azione non è volta a tutelare l’immagine del ministro ma quella delle strutture minister iali”. Ovvero. Un conto è l’immagine del ministro, un altro quella del ministero, e solo perqueste (secondo la seconda versione) interverrebbe l’Avvocatura. La Brambilla, che a chi scrive era persino simpatica, disse di Dell’Utri e Tremonti: “Sono come le mestruazioni. All’inizio fanno male, poi, passano”. Lei invece resta. Per ora.
LA STORIA / 1 – CARRIERE ITALIANE
Manichini, leoni e Fede: le origini della ‘rossa’
DA GIOVANE INDOSSATRICE A ‘EMBEDDED’ NELLA GUERRA DEL GOLFO PER IL TG4
di Fabio Amato e Carlo Tecce
Michela Vittoria Brambilla in abiti di pelle inviata tra le notti brave del Belpaese. Michela Vittoria Brambilla con reggicalze a vista durante una puntata di Porta a Porta. Stessa persona, due vite diverse, vent’anni di distanza. Eppure l’ascesa del ministro preferito di Berlusconi passa per entrambe le tappe. Michela Vittoria Brambilla di Calolziocorte (Lecco) è la rampolla di una famiglia della provincia ricca: fabbrica di profilati in metallo, villa con giardino abitato da cani, gatti, cavalli, asini, piccioni. “Ho vissuto in una grande casa stupenda isolata dal mondo circondata da animali. Ho imparato a camminare attaccandomi a uno schnauzer gigante. Avevamo 14 cani. A nove anni, per Natale, mi hanno regalato una leonessa, Rumba”. Michela è figlia di Vittorio Brambilla, proprietario delle Trafilerie omonime, fondate dal capostipite Giuseppe negli anni ’20. Una novantina di dipendenti, un grande stabilimento all’ingresso del paese che del passato conserva ancora oggi alcuni tratti: il grande tetto in pannelli di eternit, ad esempio, proprio di fronte alla ordinata rotatoria su cui si legge “verde curato dalle Trafilerie Brambilla”. I conti invece virano al rosso, -2 milioni nel 2009. Nel 2010 la fabbrica incassa anche una sovvenzione della Regione Lombardia di un milione di euro abbondante, di cui 450 mila a fondo perduto. Il futuro ministro avanza con il corpo e la mente forgiata in un liceo scientifico privato: a 18 anni vince Miss eleganza in Emilia Romagna e un viaggio a Salsomaggiore per le finali di Miss Italia. Il passaggio è naturale: modella. Posa come testimonial delle calze Omsa. Accumula qualche brutto ricordo di un passato lontano dal Consiglio dei ministri di Palazzo Chigi: “Ho fatto il manichino vivente. Le ditte che realizzano biancheria intima cercano ragazze sulle quali costruire i modelli. Io avevo una seconda perfetta. Mi cucivano addosso slip e reggiseno. Una rottura pazzesca. Giorni interi in piedi. Taglia qui, taglia là. E tricchete tricchete…”.
Ma il passaggio fondamentale è un altro. A Salsomaggiore la giovane miss conosce Giorgio Medail, il cui nome diventerà una costante fino ad oggi. Medail lavora a Canale 5, dove produce trasmissioni come I misteri della notte, Misteri d’Estate, alcuni programmi collaterali al Festivalbar. Brambilla, a suo stesso dire, lo tampina così tanto da entrare nelle sue grazie. Siamo alla fine degli anni Ottanta, e la rossa fa le sue prime apparizioni nei programmi Fininvest, girando come inviata nello sballo notturno, vestendo di pelle nera e borchie. Nel 1990 diventerà giornalista, e vivrà anche la stagione della guerra del golfo, inviata embedded del Tg di Emilio Fede sulla nave Zefiro. È lo stesso ministro a raccontare la sua vita in un’intervista a Claudio Sabelli Fioretti per il Corsera Magazine. Siamo nel 2004, sono passati diversi anni e Brambilla si è affacciata da poco alla vita pubblica che conta: dal 2003 è presidente dei giovani di Confcommercio, sulla cui poltrona resterà fino al 2008. A parteggiare per lei e portarla al vertice c’è il presidente dell’Associazione dei commercianti, Sergio Billè. Ma come ci è arrivata?
Torniamo alla giovane Michela Vittoria. La vita è difficile, racconta, isolata com’è dagli amici: “Pochi. Quando ero piccolina era il periodo dei rapimenti, io giravo sulla macchina blindata con l’autista, non avevo tanti contatti. In provincia le differenze sociali sono molto forti”. Sarà, quelle differenze giocano a suo favore. Dopo gli exploit televisivi, infatti, la rossa di Calolziocorte abbandona temporaneamente i misteri del piccolo schermo per tornare alle origini. Il padre le chiede infatti di dedicarsi agli affari e lei rileva la conduzione di una piccola azienda alimentare, laddove c’era il “Salumaio di Montenapoleone”, nobile decaduto della gastronomia. Anno 1994, è l’inizio del Gruppo Sal e di Sotra Coast international, importatori di prodotti ittici e mangimi per animali. È anche l’inizio dell’ascesa. La Brambilla s’accorge che il buon cibo paga e lei, animalista, inizia a commerciare salmoni affumicati. Lei che incarna – secondo curriculum – il successo è presto monopolista in Italia al 98% nella distribuzione ittica. Due anni prima il futuro ministro ha conosciuto il compagno, Eros Maggioni. Coetaneo, odontotecnico, mai una apparizione pubblica, con lui Brambilla condividerà affari e famiglia. In paese ci scherzano su, qualcuno maligna sulla sudditanza di lui. Fatto è che insieme fondano il Centro medico lombardo, a Cernusco Lombardone. Insieme conducono le aziende e fanno un figlio. Insieme gestiscono anche la Leida, una lega per la difesa degli animali che varrà a Brambilla la contestata gestione del canile di Lecco. La politica, il ministero e la gestione del commissariamento Aci arriveranno dopo, anzi, il presidente dei giovani commercianti mostra una certa insofferenza al solo parlarne ancora nel 2004: “Non mi sono mai interessata tanto di politica. Ho votato anche scheda bianca. Rifletto quello che sono i giovani di oggi”. Smentirà la scheda bianca e cambierà idea molto velocemente. E ritroverà in Giorgio Medail il regista che le serviva.
Ma il passaggio fondamentale è un altro. A Salsomaggiore la giovane miss conosce Giorgio Medail, il cui nome diventerà una costante fino ad oggi. Medail lavora a Canale 5, dove produce trasmissioni come I misteri della notte, Misteri d’Estate, alcuni programmi collaterali al Festivalbar. Brambilla, a suo stesso dire, lo tampina così tanto da entrare nelle sue grazie. Siamo alla fine degli anni Ottanta, e la rossa fa le sue prime apparizioni nei programmi Fininvest, girando come inviata nello sballo notturno, vestendo di pelle nera e borchie. Nel 1990 diventerà giornalista, e vivrà anche la stagione della guerra del golfo, inviata embedded del Tg di Emilio Fede sulla nave Zefiro. È lo stesso ministro a raccontare la sua vita in un’intervista a Claudio Sabelli Fioretti per il Corsera Magazine. Siamo nel 2004, sono passati diversi anni e Brambilla si è affacciata da poco alla vita pubblica che conta: dal 2003 è presidente dei giovani di Confcommercio, sulla cui poltrona resterà fino al 2008. A parteggiare per lei e portarla al vertice c’è il presidente dell’Associazione dei commercianti, Sergio Billè. Ma come ci è arrivata?
Torniamo alla giovane Michela Vittoria. La vita è difficile, racconta, isolata com’è dagli amici: “Pochi. Quando ero piccolina era il periodo dei rapimenti, io giravo sulla macchina blindata con l’autista, non avevo tanti contatti. In provincia le differenze sociali sono molto forti”. Sarà, quelle differenze giocano a suo favore. Dopo gli exploit televisivi, infatti, la rossa di Calolziocorte abbandona temporaneamente i misteri del piccolo schermo per tornare alle origini. Il padre le chiede infatti di dedicarsi agli affari e lei rileva la conduzione di una piccola azienda alimentare, laddove c’era il “Salumaio di Montenapoleone”, nobile decaduto della gastronomia. Anno 1994, è l’inizio del Gruppo Sal e di Sotra Coast international, importatori di prodotti ittici e mangimi per animali. È anche l’inizio dell’ascesa. La Brambilla s’accorge che il buon cibo paga e lei, animalista, inizia a commerciare salmoni affumicati. Lei che incarna – secondo curriculum – il successo è presto monopolista in Italia al 98% nella distribuzione ittica. Due anni prima il futuro ministro ha conosciuto il compagno, Eros Maggioni. Coetaneo, odontotecnico, mai una apparizione pubblica, con lui Brambilla condividerà affari e famiglia. In paese ci scherzano su, qualcuno maligna sulla sudditanza di lui. Fatto è che insieme fondano il Centro medico lombardo, a Cernusco Lombardone. Insieme conducono le aziende e fanno un figlio. Insieme gestiscono anche la Leida, una lega per la difesa degli animali che varrà a Brambilla la contestata gestione del canile di Lecco. La politica, il ministero e la gestione del commissariamento Aci arriveranno dopo, anzi, il presidente dei giovani commercianti mostra una certa insofferenza al solo parlarne ancora nel 2004: “Non mi sono mai interessata tanto di politica. Ho votato anche scheda bianca. Rifletto quello che sono i giovani di oggi”. Smentirà la scheda bianca e cambierà idea molto velocemente. E ritroverà in Giorgio Medail il regista che le serviva.
LA STORIA / 2 – CARRIERE ITALIANE
ZUCCHINE E CANI: I CRUCCI POLITICI DELLA PASIONARIA BERLUSCONIANA
Ascesa pubblica della rossa lombarda, braccio armato di B.
di Fabio Amato e Carlo Tecce
Iacopo Bini Smaghi non se l’aspettava. Manager, 50 anni, una lunga esperienza all’Altea (società dell’indotto auto) tutto immaginava, quando ha presentato la sua lista per il Cda Aci di Milano, tranne che sarebbe stato eliminata, favorendo quella di un odontotecnico. Che ha una dote: è il compagno del ministro Brambilla.
Quando inizia questa storia?
Più o meno un anno fa: quando le dimissioni “sospette” di alcuni consiglieri impongono la necessità di nuove elezioni.
Perché usa questo vocabolo?
Vede, l’Aci club di Milano gestisce la Sias. E la Sias ha in mano il Gp di Monza, un affare da 50 milioni di euro. Sa cosa significa? Chi gestisce l’Aci Milano ha in mano quella partita.
Tutto interessante. Ma non ha risposto alla domanda…
Dimissioni “sospette” perché permettono al nuovo ministro di entrare nella partita del nuovo Cda. Infatti la Brambilla nomina un commissario straordinario, Massimiliano Ermolli.
Questa nomina non va bene?
Cominciamo…. Massimiliano è consigliere di Sinergetica, società di pianificazione aziendale di famiglia, di cui è presidente il padre Bruno che svolge attività di consulenza per l’Aci, con appalti da centinaia di milioni di euro. Un conflitto di interessi in contrasto con lo statuto.
C’è dell’altro?
Eccome. Ermolli indice le elezioni, con annuncio all’ultimo giorno utile. Poi lui, che doveva essere il garante della regolarità della competizione si candida in una lista. Curioso, no?
Altro conflitto di interessi?
Basta il buonsenso per capirlo. Di più. Nella lista Ermolli c’è il dottor Eros Maggioni.
Il signor Brambilla?
Curiosamente Maggioni si è iscritto all’Aci, a Milano, malgrado risieda a Lecco, due giorni prima del termine utile. Curiosamente fa l’odontotecnico.
Voi, la lista concorrente dove vi eravate iscritti?
A Milano, facevamo parte del cosiddetto Aci club. Una tessere che secondo lo statuto equivale a tutti gli effetti alle altre.
Perché mi dice questo?
Perché una commissione, sotto la responsabilità dell’Ermolli commissario, ci contesta il diritto a partecipare alle elezioni contro l’Ermolli candidato.
E poi che succede?
La commissione che fa capo dell’Ermolli commissario non ammette la nostra lista, spianando la strada all’Ermolli candidato.
E voi che fate?
Si arriva alla farsa di elezioni bulgare. C’è solo una lista in campo, quella degli amici e del compagno del ministro. Ovviamente vince. Non ha concorrenti!
Protestate?
Di più: facciamo due esposti alla procura e uno al Tar.
Il ministero dice che quello al Tar è stato bocciato.
Non è vero. Avevamo chiesto l’annullamento della nostra cancellazione dalla competizione, ma il giudizio è arrivato dopo il voto: il Tar dice, come è ovvio, non possiamo più intervenire su quella controversia.
Quindi partita chiusa?
Per nulla. Bisogna rivotare.
Perché mai?
C’è una norma che impone un Cda di 5 membri. In questo caso sono 9. Se quattro non si dimettono, e ne dubito, l’attuale Cda decade, e si deve rivotare.
Pazzesco…
Ermolli ha favorito una lista in cui lui stesso, e il compagno della ministra che l’ha nominato, erano candidati! Si tratta di un intervento fuori di qualsiasi norma. Ma non è finita….
C’è dell’altro?
A parte il fatto che tra i consiglieri l’unico che ha una qualche esperienza in materia è Geronimo La Russa, figlio del ministro: ha fatto il pilota!!….
A parte questo?
…Tra loro c’è il dottor Bongiardino, presidente della Camera di commercio, che ha sede in uno dei palazzi di proprietà dell’Aci! Come Presidente della Camera di commercio chiede di comprarlo. Cosa si risponderà come consigliere Aci?
Altro conflitto di interesse?
Plateale. Ma c’è di peggio.
Mi dica…
Il Cda ha designato dei consiglieri nella Sias. Tra cui Fabrizio Turci, direttore Aci di Milano.
Come è possibile?
Non lo so. Va chiesto alla Brambilla come si possa essere sia controllore che controllato!
C’è dell’altro?
Ciliegina sulla torta. Pier Fausto Giuliani, altro membro del Cda. Sa il suo precedente lavoro?
Quale?
Tesoriere dei Circoli della libertà la ministra l’ha definito uno dei miei “13 uomini d’oro”.
Morale della favola?
Il Cda in cui siede il marito del ministro nomina alla Sias uno dei principali collaboratori del ministro. Mica male.
Iacopo Bini Smaghi non se l’aspettava. Manager, 50 anni, una lunga esperienza all’Altea (società dell’indotto auto) tutto immaginava, quando ha presentato la sua lista per il Cda Aci di Milano, tranne che sarebbe stato eliminata, favorendo quella di un odontotecnico. Che ha una dote: è il compagno del ministro Brambilla.
Quando inizia questa storia?
Più o meno un anno fa: quando le dimissioni “sospette” di alcuni consiglieri impongono la necessità di nuove elezioni.
Perché usa questo vocabolo?
Vede, l’Aci club di Milano gestisce la Sias. E la Sias ha in mano il Gp di Monza, un affare da 50 milioni di euro. Sa cosa significa? Chi gestisce l’Aci Milano ha in mano quella partita.
Tutto interessante. Ma non ha risposto alla domanda…
Dimissioni “sospette” perché permettono al nuovo ministro di entrare nella partita del nuovo Cda. Infatti la Brambilla nomina un commissario straordinario, Massimiliano Ermolli.
Questa nomina non va bene?
Cominciamo…. Massimiliano è consigliere di Sinergetica, società di pianificazione aziendale di famiglia, di cui è presidente il padre Bruno che svolge attività di consulenza per l’Aci, con appalti da centinaia di milioni di euro. Un conflitto di interessi in contrasto con lo statuto.
C’è dell’altro?
Eccome. Ermolli indice le elezioni, con annuncio all’ultimo giorno utile. Poi lui, che doveva essere il garante della regolarità della competizione si candida in una lista. Curioso, no?
Altro conflitto di interessi?
Basta il buonsenso per capirlo. Di più. Nella lista Ermolli c’è il dottor Eros Maggioni.
Il signor Brambilla?
Curiosamente Maggioni si è iscritto all’Aci, a Milano, malgrado risieda a Lecco, due giorni prima del termine utile. Curiosamente fa l’odontotecnico.
Voi, la lista concorrente dove vi eravate iscritti?
A Milano, facevamo parte del cosiddetto Aci club. Una tessere che secondo lo statuto equivale a tutti gli effetti alle altre.
Perché mi dice questo?
Perché una commissione, sotto la responsabilità dell’Ermolli commissario, ci contesta il diritto a partecipare alle elezioni contro l’Ermolli candidato.
E poi che succede?
La commissione che fa capo dell’Ermolli commissario non ammette la nostra lista, spianando la strada all’Ermolli candidato.
E voi che fate?
Si arriva alla farsa di elezioni bulgare. C’è solo una lista in campo, quella degli amici e del compagno del ministro. Ovviamente vince. Non ha concorrenti!
Protestate?
Di più: facciamo due esposti alla procura e uno al Tar.
Il ministero dice che quello al Tar è stato bocciato.
Non è vero. Avevamo chiesto l’annullamento della nostra cancellazione dalla competizione, ma il giudizio è arrivato dopo il voto: il Tar dice, come è ovvio, non possiamo più intervenire su quella controversia.
Quindi partita chiusa?
Per nulla. Bisogna rivotare.
Perché mai?
C’è una norma che impone un Cda di 5 membri. In questo caso sono 9. Se quattro non si dimettono, e ne dubito, l’attuale Cda decade, e si deve rivotare.
Pazzesco…
Ermolli ha favorito una lista in cui lui stesso, e il compagno della ministra che l’ha nominato, erano candidati! Si tratta di un intervento fuori di qualsiasi norma. Ma non è finita….
C’è dell’altro?
A parte il fatto che tra i consiglieri l’unico che ha una qualche esperienza in materia è Geronimo La Russa, figlio del ministro: ha fatto il pilota!!….
A parte questo?
…Tra loro c’è il dottor Bongiardino, presidente della Camera di commercio, che ha sede in uno dei palazzi di proprietà dell’Aci! Come Presidente della Camera di commercio chiede di comprarlo. Cosa si risponderà come consigliere Aci?
Altro conflitto di interesse?
Plateale. Ma c’è di peggio.
Mi dica…
Il Cda ha designato dei consiglieri nella Sias. Tra cui Fabrizio Turci, direttore Aci di Milano.
Come è possibile?
Non lo so. Va chiesto alla Brambilla come si possa essere sia controllore che controllato!
C’è dell’altro?
Ciliegina sulla torta. Pier Fausto Giuliani, altro membro del Cda. Sa il suo precedente lavoro?
Quale?
Tesoriere dei Circoli della libertà la ministra l’ha definito uno dei miei “13 uomini d’oro”.
Morale della favola?
Il Cda in cui siede il marito del ministro nomina alla Sias uno dei principali collaboratori del ministro. Mica male.
LA STORIA / 3 – CARRIERE ITALIANE
LA RICETTA DELLA BRAMBILLA: PIU’ BUCHE DA GOLF E CASINO’ AI RICCHI
Idee ed illuminazioni della responsabile del Turismo per il suo rilancio
di Fabio Amato e Carlo Tecce
Brambilla sì, Brambilla no. Anzi ni. Dopo la vittoria elettorale nell’aprile del 2008, il nome della rossa di Calolziocorte appare e scompare dal totoministri diverse volte. Sottosegretario, ministro della Sanità, infine viceministro. “L’incarico mi soddisfa pienamente”, dichiara alle agenzie il 7 maggio 2008. Il presidente del Consiglio conferma: “Sanità per la Brambilla? Sì”. E invece no, le tocca un posto da sottosegretario con delega al Turismo. Colpa del fuoco incrociato dentro alla maggioranza. Dice di lei Calderoli: “E’ rossa come una Ferrari, ma è una 500 taroccata”. Ce la farà, ma ci vorranno ancora mesi perché Berlusconi faccia di lei un ministro, nel maggio 2009.
Dell’evento darà una spiegazione originale Vittorio Sgarbi: “Berlusconi è un umorista e lo fa apposta a candidare quelli che non c’entrano niente, pensando ‘gli metto lì una figura impossibile e vedrai che gli elettori digeriscono anche questa’”. Il premier invece lo spiega così: “Un ministro molto efficace, un cane da polpaccio che quando ti agguanta non ti molla più fino a quando non ottiene la risposta che cerca da te”. Forse, però, la benedizione che vale di più è quella di Bernabò Bocca, amico di vecchia data, marito di Chiara Geronzi figlia di Cesare, numero uno di Federalberghi e Confturismo, figlio di Ernesto, fondatore dei Sina Hotel che fatturano circa un miliardo di euro. La strategia del ministro Brambilla è ampia e articolata, eterogenea e rumorosa, ma ha un’attenzione ossessiva per gli alberghi di lusso. Annuncia un disegno di legge per incentivare la costruzione di campi di golf in strutture ricettive collegate, proprio qui in Italia dove 100 mila praticanti su 60 milioni di abitanti possono scegliere – pagando, nei circoli – tra 378 green. Protestano ambientalisti e leghisti. Il senatore Massimo Garavaglia è realista: “Inopportuno. Proprio ora che ci sono tante aziende costrette a mettere in cassa integrazione operai che mai andranno a giocare a golf”. Ma la rossa presenta il progetto nel Consiglio dei ministri e trova l’approvazione in pochi minuti. Il governo che piange il portafoglio vuoto, scova chissà dove sgravi fiscali per chi costruisce campi da golf. Attenzione: tassative le 18 buche. Per il resto, che siano piantate ovunque: senza rispetto di aree protette o riserve naturali. C’è scritto nel disegno di legge (art. 4, comma b): “Gli impianti golfisti possono essere realizzati nell’ambito delle aree naturali protette, previo nulla osta dell’ente parco nazionale e dell’ente gestore delle aree marine protette”. Ora l’albergo a 5 stelle sarà circondato da 18 buche così care alla Brambilla. Basta “per trasformare il turismo da Cenerentola a principessa” (ipse dixit a Cernobbio)? No, è ancora poco, la nostra immagina alberghi con golf di pomeriggio e casinò di sera. Gioco d’azzardo soltanto negli alberghi di lusso perché, secondo il ministro, Spagna, Germania e Francia vincono sui prezzi alti.
Il casinò resta un’idea, ma la Brambilla – più del collega Calderoli – riesce a semplificare le pratiche burocratiche, guarda caso, proprio per i proprietari di alberghi. Il ministro che litiga con le agenzie di viaggio sulle vacanze all’estero, in compenso gira il mondo (per lavoro): Montenegro, Russia, Dubai, Germania. E poi l’Italia, le sette chiese televisive e quelle vere: “Dobbiamo puntare sul turismo religioso”, dice con perfetto cinismo imprenditoriale, ricordando al contempo le radici cristiane e il loro valore più terreno: 3 miliardi di euro/anno. E sembra richiamare ben altre tradizioni quando a Lecco, nel giugno 2009, saluta i Carabinieri in passerella per la loro festa con braccio teso, dita a punta, sguardo fisso in un saluto romano. Ma smentirà: “Non è vero. Mai avuto simpatia per il fascismo”. Spesso però il ministro torna movimentista, infila sotto le scarpe di Berlusconi il predellino bis: i promotori della libertà, nati a febbraio 2010, un movimento nel partito, un megafono su Internet per lanciare messaggi del presidente del Consiglio. E d’estate viene consacrata dal settimanale Chi: il ministro trascorre le vacanze in missione spagnola e francese per studiare il modello turistico dei vincenti. E ci va con 2 dei suoi 15 cani: “Fanno a rotazione”. Del resto, nel luglio 2009 per amore degli animali Brambilla ha fatto programmare il portale Turisti a 4 zampe, dedicato a chi viaggia con animali domestici al seguito. E dopo il nuovo logo “Italia” a novembre dello stesso anno parte il programma “Magica Italia”, mentre lo spot omonimo, con la voce del premier, viene presentato a luglio di quest’anno, diventando il cult delle parodie in Rete.
Sempre a luglio 2009 parte invece la rinascita, meglio sarebbe dire la resurrezione, del portale italia.it. Costato 45milioni di euro e una figuraccia al suo predecessore Rutelli – “biutiful maunteins, biutiful cauntrisaid“ diceva nello spot – tanto che finì per chiuderlo, nelle intenzioni del ministro “non servirà solo a far conoscere l’immagine dell’Italia, ma dovrà anche essere possibile prenotare biglietti, hotel, teatri e quant’altro”. Costo complessivo previsto per arrivare all’opera definitiva: 5 milioni di euro. E qualche protesta: alcuni dei musei inizialmente segnalati sono chiusi da anni, altri sono inagibili, Reggio Calabria diventa capoluogo di regione contro Catanzaro, capovolgendo la storia patria. Lo strafalcione su Latina, poi, pare essere così grossolano che il presidente dell’associazione provinciale per il Turismo si rifiuta di comunicarlo ai media. La versione definitiva del sito, annunciata per l’autunno del 2009 e rilanciata ad aprile 2010, ancora non si è vista. Il bando per la gestione dei contenuti, del resto, è stato affidato solo un mese fa.
Dell’evento darà una spiegazione originale Vittorio Sgarbi: “Berlusconi è un umorista e lo fa apposta a candidare quelli che non c’entrano niente, pensando ‘gli metto lì una figura impossibile e vedrai che gli elettori digeriscono anche questa’”. Il premier invece lo spiega così: “Un ministro molto efficace, un cane da polpaccio che quando ti agguanta non ti molla più fino a quando non ottiene la risposta che cerca da te”. Forse, però, la benedizione che vale di più è quella di Bernabò Bocca, amico di vecchia data, marito di Chiara Geronzi figlia di Cesare, numero uno di Federalberghi e Confturismo, figlio di Ernesto, fondatore dei Sina Hotel che fatturano circa un miliardo di euro. La strategia del ministro Brambilla è ampia e articolata, eterogenea e rumorosa, ma ha un’attenzione ossessiva per gli alberghi di lusso. Annuncia un disegno di legge per incentivare la costruzione di campi di golf in strutture ricettive collegate, proprio qui in Italia dove 100 mila praticanti su 60 milioni di abitanti possono scegliere – pagando, nei circoli – tra 378 green. Protestano ambientalisti e leghisti. Il senatore Massimo Garavaglia è realista: “Inopportuno. Proprio ora che ci sono tante aziende costrette a mettere in cassa integrazione operai che mai andranno a giocare a golf”. Ma la rossa presenta il progetto nel Consiglio dei ministri e trova l’approvazione in pochi minuti. Il governo che piange il portafoglio vuoto, scova chissà dove sgravi fiscali per chi costruisce campi da golf. Attenzione: tassative le 18 buche. Per il resto, che siano piantate ovunque: senza rispetto di aree protette o riserve naturali. C’è scritto nel disegno di legge (art. 4, comma b): “Gli impianti golfisti possono essere realizzati nell’ambito delle aree naturali protette, previo nulla osta dell’ente parco nazionale e dell’ente gestore delle aree marine protette”. Ora l’albergo a 5 stelle sarà circondato da 18 buche così care alla Brambilla. Basta “per trasformare il turismo da Cenerentola a principessa” (ipse dixit a Cernobbio)? No, è ancora poco, la nostra immagina alberghi con golf di pomeriggio e casinò di sera. Gioco d’azzardo soltanto negli alberghi di lusso perché, secondo il ministro, Spagna, Germania e Francia vincono sui prezzi alti.
Il casinò resta un’idea, ma la Brambilla – più del collega Calderoli – riesce a semplificare le pratiche burocratiche, guarda caso, proprio per i proprietari di alberghi. Il ministro che litiga con le agenzie di viaggio sulle vacanze all’estero, in compenso gira il mondo (per lavoro): Montenegro, Russia, Dubai, Germania. E poi l’Italia, le sette chiese televisive e quelle vere: “Dobbiamo puntare sul turismo religioso”, dice con perfetto cinismo imprenditoriale, ricordando al contempo le radici cristiane e il loro valore più terreno: 3 miliardi di euro/anno. E sembra richiamare ben altre tradizioni quando a Lecco, nel giugno 2009, saluta i Carabinieri in passerella per la loro festa con braccio teso, dita a punta, sguardo fisso in un saluto romano. Ma smentirà: “Non è vero. Mai avuto simpatia per il fascismo”. Spesso però il ministro torna movimentista, infila sotto le scarpe di Berlusconi il predellino bis: i promotori della libertà, nati a febbraio 2010, un movimento nel partito, un megafono su Internet per lanciare messaggi del presidente del Consiglio. E d’estate viene consacrata dal settimanale Chi: il ministro trascorre le vacanze in missione spagnola e francese per studiare il modello turistico dei vincenti. E ci va con 2 dei suoi 15 cani: “Fanno a rotazione”. Del resto, nel luglio 2009 per amore degli animali Brambilla ha fatto programmare il portale Turisti a 4 zampe, dedicato a chi viaggia con animali domestici al seguito. E dopo il nuovo logo “Italia” a novembre dello stesso anno parte il programma “Magica Italia”, mentre lo spot omonimo, con la voce del premier, viene presentato a luglio di quest’anno, diventando il cult delle parodie in Rete.
Sempre a luglio 2009 parte invece la rinascita, meglio sarebbe dire la resurrezione, del portale italia.it. Costato 45milioni di euro e una figuraccia al suo predecessore Rutelli – “biutiful maunteins, biutiful cauntrisaid“ diceva nello spot – tanto che finì per chiuderlo, nelle intenzioni del ministro “non servirà solo a far conoscere l’immagine dell’Italia, ma dovrà anche essere possibile prenotare biglietti, hotel, teatri e quant’altro”. Costo complessivo previsto per arrivare all’opera definitiva: 5 milioni di euro. E qualche protesta: alcuni dei musei inizialmente segnalati sono chiusi da anni, altri sono inagibili, Reggio Calabria diventa capoluogo di regione contro Catanzaro, capovolgendo la storia patria. Lo strafalcione su Latina, poi, pare essere così grossolano che il presidente dell’associazione provinciale per il Turismo si rifiuta di comunicarlo ai media. La versione definitiva del sito, annunciata per l’autunno del 2009 e rilanciata ad aprile 2010, ancora non si è vista. Il bando per la gestione dei contenuti, del resto, è stato affidato solo un mese fa.
LA STORIA / 4 – CARRIERE ITALIANE
BRAMBILLA, SINDROME CINESE: VIAGGI, WEB E COPIA-INCOLLA
Per le trasferte ha speso quattro volte il budget. E su internet affari in ‘movimento’
di Fabio Amato e Carlo Tecce
Aci, voli di Stato, spese fuori controllo, consulenze sospette, lavori mai finiti pagati a caro prezzo. Da un anno e mezzo, dalla nomina a ministro nel maggio 2009 al dicembre di quest’anno, Michela Vittoria Brambilla colleziona scandali. E il catalogo si aggiorna di continuo. L’ultimo caso è nelle nomine della Sias, la controllata di Aci Milano che gestisce il gran premio di Monza, un affare da 50 milioni di euro. Il 23 dicembre l’Automobile club meneghino ne ha rinnovato il consiglio direttivo e seguendo le disposizioni del decreto n.78 in vigore dal 31 maggio 2010, ha ridotto il consiglio a cinque persone. Tra queste Pierfausto Giuliani, uno dei tredici “uomini d’oro” di Brambilla nei Circoli della Libertà, come lei stessa definì i responsabili d’area del movimento forzista. Restano fuori da Sias, invece, i rappresentanti dei Comuni di Milano e Monza – proprietari dell’autodromo – nonostante una convenzione valida fino al 2026 ne preveda espressamente la presenza. Coincidenze?
Difficile, considerando che nel consiglio di Aci Milano siedono, da luglio, il compagno del ministro, l’odontotecnico Eros Maggioni, e il figlio del ministro della Difesa Ignazio La Russa, Geronimo, dopo che il commissario Massimiliano Ermolli, nominato dalla stessa Brambilla e figlio del fedelissimo del premier Bruno, ha escluso dalle liste elettorali dell’Aci – per vizi di forma – l’unica altra lista concorrente. Peccato poi che il decreto che ha imposto 5 consiglieri a Sias non sia stato recepito dalla stessa Aci Milano, che di consiglieri ne ha oggi nove. Per effetto di legge (art.6 comma 5), teoricamente, tutti i suoi atti dovrebbero essere nulli.
Che il ministro abbia a cuore i Circoli della Libertà e in generale la sorte di tutta l’ala movimentista del Pdl, in ogni caso è noto da quando due settimane fa la Corte dei Conti di Roma ha aperto un’istruttoria per verificare le consulenze avviate all’interno della “struttura di missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia”. La magistratura contabile ipotizza un danno erariale: pur pagati dal ministero, i consulenti avrebbero svolto attività di partito. Era stata un’inchiesta del Fatto Quotidiano a rivelare in novembre come tra i beneficiari degli incarichi ci siano almeno una decina di persone – a partire dallo scopritore televisivo di Brambilla, Giorgio Medail – che provengono direttamente da Mediaset o dai Circoli, dalla Tv e dai Promotori della Libertà fondati dal ministro.
Risultato: Brambilla decide di querelare questo giornale per “danno d’immagine” al ministero e chiede tre milioni di euro. L’intervento della Avvocatura di Stato in sua difesa lo pagheranno i contribuenti. Senza dir nulla della decina di stipendiati che oggi siedono al dicastero del Turismo – è la difesa – il ministro sostiene che i due consiglieri personali citati nell’articolo oggetto di querela, Edoardo Colombo e Luca Moschini, prestino il loro servizio a titolo gratuito.
Quando anche fosse vero, e non c’è motivo di dubitarne, Brambilla non chiarisce se Moschini in particolare – curatore del suo sito personale, di quello dei promotori e quello dei circoli – abbia percepito redditi per creare i siti ministeriali Turistia4zampe.it (per chi viaggia con animali al seguito) e yidalinihao.it (Ciao Italia, traduzione in cinese del portale italia.it), dallo stesso ministero o da soggetti terzi. Ad esempio l’Aci, che di italia.it ha la responsabilità tecnica e sui cui server è pubblicata la versione cinese. Di certo, la società di Moschini – Viamatica srl – risulta intestataria dei domini. Brambilla muove poi una seconda critica: il viaggio a Shanghai per presentare il sito yidalinihao.com non è mai avvenuto, come riportato nell’inchiesta. Ha ragione il ministro. Peccato che a raccontare la missione sia stato lo stesso Ente per Turismo (Enit) nel suo notiziario di giugno. E che questo non cambi la sostanza: la presentazione del sito è avvenuta ugualmente condotta da Caterina Cittadino, capo dipartimento al ministero.
Da yidalinihao.com ai viaggi, le spese del ministero meritano un capitolo a parte. “Un sito realizzato appositamente e non la traduzione in cinese di un sito italiano“ recita il comunicato di presentazione. Il sito in effetti non è una traduzione ma un copia-incolla. Le immagini in home page, ad esempio, sono le stesse di http://www.aimiliyaluomaniehuanyingni.com, sito in cinese dell’Emilia Romagna. Al turista distratto che dovesse imbattersi in Ciao Italia (per la verità poco o nulla frequentato), sembrerà dunque che nel Belpaese esistano solo la Ducati, la Ferrari e piazza Maggiore. Quanto a italia.it, che doveva cancellare l’onta delle spese faraoniche sostenute per le precedenti versioni, ancora oggi è in versione provvisoria e non risponde alle regole di accessibilità per disabili. Doveva essere ultimato, da dichiarazioni urbi et orbi, almeno un anno fa, alla modica cifra di 5 milioni di euro, più due milioni in tre anni per la gestione dei contenuti.
Senza andare a Shanghai, in ogni caso, il ministro Brambilla è riuscito a sforare ogni budget previsto per i viaggi: tra Italia e estero nel 2009 doveva cavarsela con 88mila euro. Ne ha spesi 350mila. Colpa, forse, anche dei viaggi in elicottero (di Stato) con cui il ministro si è spostata. Almeno due le occasioni documentate negli ultimi dodici mesi, una volta persino per raggiungere il proprio comitato elettorale. Alla faccia delle “inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’efficace esercizio delle funzioni istituzionali” previste dal regolamento.
Aci, voli di Stato, spese fuori controllo, consulenze sospette, lavori mai finiti pagati a caro prezzo. Da un anno e mezzo, dalla nomina a ministro nel maggio 2009 al dicembre di quest’anno, Michela Vittoria Brambilla colleziona scandali. E il catalogo si aggiorna di continuo. L’ultimo caso è nelle nomine della Sias, la controllata di Aci Milano che gestisce il gran premio di Monza, un affare da 50 milioni di euro. Il 23 dicembre l’Automobile club meneghino ne ha rinnovato il consiglio direttivo e seguendo le disposizioni del decreto n.78 in vigore dal 31 maggio 2010, ha ridotto il consiglio a cinque persone. Tra queste Pierfausto Giuliani, uno dei tredici “uomini d’oro” di Brambilla nei Circoli della Libertà, come lei stessa definì i responsabili d’area del movimento forzista. Restano fuori da Sias, invece, i rappresentanti dei Comuni di Milano e Monza – proprietari dell’autodromo – nonostante una convenzione valida fino al 2026 ne preveda espressamente la presenza. Coincidenze?
Difficile, considerando che nel consiglio di Aci Milano siedono, da luglio, il compagno del ministro, l’odontotecnico Eros Maggioni, e il figlio del ministro della Difesa Ignazio La Russa, Geronimo, dopo che il commissario Massimiliano Ermolli, nominato dalla stessa Brambilla e figlio del fedelissimo del premier Bruno, ha escluso dalle liste elettorali dell’Aci – per vizi di forma – l’unica altra lista concorrente. Peccato poi che il decreto che ha imposto 5 consiglieri a Sias non sia stato recepito dalla stessa Aci Milano, che di consiglieri ne ha oggi nove. Per effetto di legge (art.6 comma 5), teoricamente, tutti i suoi atti dovrebbero essere nulli.
Che il ministro abbia a cuore i Circoli della Libertà e in generale la sorte di tutta l’ala movimentista del Pdl, in ogni caso è noto da quando due settimane fa la Corte dei Conti di Roma ha aperto un’istruttoria per verificare le consulenze avviate all’interno della “struttura di missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia”. La magistratura contabile ipotizza un danno erariale: pur pagati dal ministero, i consulenti avrebbero svolto attività di partito. Era stata un’inchiesta del Fatto Quotidiano a rivelare in novembre come tra i beneficiari degli incarichi ci siano almeno una decina di persone – a partire dallo scopritore televisivo di Brambilla, Giorgio Medail – che provengono direttamente da Mediaset o dai Circoli, dalla Tv e dai Promotori della Libertà fondati dal ministro.
Risultato: Brambilla decide di querelare questo giornale per “danno d’immagine” al ministero e chiede tre milioni di euro. L’intervento della Avvocatura di Stato in sua difesa lo pagheranno i contribuenti. Senza dir nulla della decina di stipendiati che oggi siedono al dicastero del Turismo – è la difesa – il ministro sostiene che i due consiglieri personali citati nell’articolo oggetto di querela, Edoardo Colombo e Luca Moschini, prestino il loro servizio a titolo gratuito.
Quando anche fosse vero, e non c’è motivo di dubitarne, Brambilla non chiarisce se Moschini in particolare – curatore del suo sito personale, di quello dei promotori e quello dei circoli – abbia percepito redditi per creare i siti ministeriali Turistia4zampe.it (per chi viaggia con animali al seguito) e yidalinihao.it (Ciao Italia, traduzione in cinese del portale italia.it), dallo stesso ministero o da soggetti terzi. Ad esempio l’Aci, che di italia.it ha la responsabilità tecnica e sui cui server è pubblicata la versione cinese. Di certo, la società di Moschini – Viamatica srl – risulta intestataria dei domini. Brambilla muove poi una seconda critica: il viaggio a Shanghai per presentare il sito yidalinihao.com non è mai avvenuto, come riportato nell’inchiesta. Ha ragione il ministro. Peccato che a raccontare la missione sia stato lo stesso Ente per Turismo (Enit) nel suo notiziario di giugno. E che questo non cambi la sostanza: la presentazione del sito è avvenuta ugualmente condotta da Caterina Cittadino, capo dipartimento al ministero.
Da yidalinihao.com ai viaggi, le spese del ministero meritano un capitolo a parte. “Un sito realizzato appositamente e non la traduzione in cinese di un sito italiano“ recita il comunicato di presentazione. Il sito in effetti non è una traduzione ma un copia-incolla. Le immagini in home page, ad esempio, sono le stesse di http://www.aimiliyaluomaniehuanyingni.com, sito in cinese dell’Emilia Romagna. Al turista distratto che dovesse imbattersi in Ciao Italia (per la verità poco o nulla frequentato), sembrerà dunque che nel Belpaese esistano solo la Ducati, la Ferrari e piazza Maggiore. Quanto a italia.it, che doveva cancellare l’onta delle spese faraoniche sostenute per le precedenti versioni, ancora oggi è in versione provvisoria e non risponde alle regole di accessibilità per disabili. Doveva essere ultimato, da dichiarazioni urbi et orbi, almeno un anno fa, alla modica cifra di 5 milioni di euro, più due milioni in tre anni per la gestione dei contenuti.
Senza andare a Shanghai, in ogni caso, il ministro Brambilla è riuscito a sforare ogni budget previsto per i viaggi: tra Italia e estero nel 2009 doveva cavarsela con 88mila euro. Ne ha spesi 350mila. Colpa, forse, anche dei viaggi in elicottero (di Stato) con cui il ministro si è spostata. Almeno due le occasioni documentate negli ultimi dodici mesi, una volta persino per raggiungere il proprio comitato elettorale. Alla faccia delle “inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’efficace esercizio delle funzioni istituzionali” previste dal regolamento.
LA STORIA / 5 – CARRIERE ITALIANE
QUATTRO ZAMPE D’ORO
La Brambilla paga 180mila euro (soldi nostri) per lo spot prodotto da un vecchio amico di Italia Uno
di Fabio Amato e Eduardo Di Blasi
Centottantamila euro. Tanto è costato lo spot di Turisti a 4 zampe, la campagna di sensibilizzazione voluta dal ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla nel-l’estate del 2009 per contrastare l’abbandono degli animali domestici. Nobile iniziativa, tra le tante di quella campagna: un volume con la lista degli alberghi che ospitano i nostri animali (costo 77mila euro) e poi vetrofanie per gli alberghi, pubblicità, un sito, realizzato dalla Viamatica srl, società del consulente del ministro Luca Moschini.
IL FILMATO dello spot si può ancora oggi trovare in Rete: padrone e cane stanno guardando la televisione, scorrono le immagini di Fantozzi (Fantozzi va in pensione, anno 1988) alla guida della sua Bianchina, intento a cercare di liberarsi di un enorme San Bernardo. Stacco: il cane di fronte allo schermo guaisce, preoccupato di fare una brutta fine. La mano del padrone lo tranquillizza, e una voce fuori campo racconta che nel-l’Italia di oggi Fido può venire in vacanza con noi nelle strutture contrassegnate dal marchio. Seguono scene di padrone e cane che si godono la vacanza. In tutto 30 secondi, sette dei quali passano con le immagini di Fan-tozzi, per un totale di 6mila euro al secondo.
Denaro pubblico incassato dalla Jolly Roger Sas di Milano. Jolly Roger, come il nome della tradizionale bandiera dei pirati, quella, per intendersi, con teschio e spade incrociate su fondo nero. Oggi la società appartiene integralmente a Guido Prussia, 47 anni, genovese trapiantato a Milano. Ma quando Prussia la fonda, nel 2002, suo socio è Giorgio Medail, lo scopritore di Michela Vittoria Brambilla con il programma “I misteri della notte”, poi direttore della Tv della Libertà fondata dalla stessa e chiusa in un anno con 15 milioni di debiti, oggi dirigente – all’interno della struttura di missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia – proprio nel ministero della rossa di Calolziocorte che ha commissionato la produzione dello spot.
I due si conobbero proprio ai tempi della trasmissione Fininvest. Come? Lo spiega lo stesso Prussia. Sotto il titolo “Sono diventato famoso rovistando nella spazzatura, poi ho venduto mutande”, nel maggio 2010 spiega a Libero che galeotto fu un incontro con Berlusconi, che lo spinse a inseguire i suoi sogni: “Decido di andare a Milano, a Mediaset (in verità sarebbe Fininvest ndr.), per incontrare Giorgio Medail che conduce il programma I misteri della notte”. Nascerà da quell’incontro la sua carriera televisiva: prima Studio Aperto, poi la trasmissione Hotel California, che per tre stagioni lo porterà di fronte agli spettatori di Italia Uno a intervistare Pamela Anderson, o setacciare la spazzatura di Brad Pitt e Marlon Brando.
Dopo l’exploit la strada con Fininvest si interrompe, non quella con il suo scopritore. Prussia infatti rimane negli States fino al 2002, e quando torna in Italia fonda con Medail la Jolly Roger, appunto, che in quel momento ha come ragione sociale la produzione e la vendita di magliette, mutande, vestiti personalizzati in genere. Prussia se ne inventa alcuni che gli danno non pochi grattacapi – “meglio sette nani che un principe stronzo” recita una maglietta – poi rileva integralmente il capitale e cambia la ragione sociale per tornare all’amore di un tempo: produzione video.
Raggiunto dal Fatto Quotidiano, il titolare della Jolly Roger nega tuttavia che ci sia alcuna relazione tra il contratto per lo spot e le conoscenze di vecchia data: “Ho seguito tutti gli iter burocratici normali”, dice, “e non sono un prestanome, Medail non c’entra niente con la Jolly Roger”. Ha ragione: Medail è uscito dal marchio almeno dal 2005 e da allora la società è tutta sua e del fratello Giovanni.
EPPURE PRUSSIA non ricorda le circostanze in cui è venuto a conoscenza della possibilità di fare uno spot: “Dovrei andare a controllare, sono passati due anni. Forse perché vado matto per i cani. Non so nemmeno perché abbiano scelto me. Anzi, pensavo proprio che non avrei vinto”. Né ricorda l’importo complessivo percepito, 180mila euro saldati nel gennaio del 2010. Non poco, abbastanza per conservare il dubbio: perché il ministero del Turismo ha affidato proprio a lui il progetto, e ad un costo fuori parametro? Un altro spot del ministero per la medesima iniziativa, interamente animato, è costato ad esempio circa 110mila euro. Il valore di mercato, poi, sarebbe anche più basso: “Tra i 60mila e i 120 mila euro” spiegano i produttori cui il Fatto si è rivolto per una valutazione. La variabile più grossa la dà paradossalmente l’unica parte non girata: “I sette secondi di Fan-tozzi, a seconda degli accordi per i diritti presi con il distributore”. Ma in quel caso, spiega un produttore milanese, “un producer accorto avrebbe cambiato il soggetto. E un ministero competente non avrebbe accettato il progetto”.
IL FILMATO dello spot si può ancora oggi trovare in Rete: padrone e cane stanno guardando la televisione, scorrono le immagini di Fantozzi (Fantozzi va in pensione, anno 1988) alla guida della sua Bianchina, intento a cercare di liberarsi di un enorme San Bernardo. Stacco: il cane di fronte allo schermo guaisce, preoccupato di fare una brutta fine. La mano del padrone lo tranquillizza, e una voce fuori campo racconta che nel-l’Italia di oggi Fido può venire in vacanza con noi nelle strutture contrassegnate dal marchio. Seguono scene di padrone e cane che si godono la vacanza. In tutto 30 secondi, sette dei quali passano con le immagini di Fan-tozzi, per un totale di 6mila euro al secondo.
Denaro pubblico incassato dalla Jolly Roger Sas di Milano. Jolly Roger, come il nome della tradizionale bandiera dei pirati, quella, per intendersi, con teschio e spade incrociate su fondo nero. Oggi la società appartiene integralmente a Guido Prussia, 47 anni, genovese trapiantato a Milano. Ma quando Prussia la fonda, nel 2002, suo socio è Giorgio Medail, lo scopritore di Michela Vittoria Brambilla con il programma “I misteri della notte”, poi direttore della Tv della Libertà fondata dalla stessa e chiusa in un anno con 15 milioni di debiti, oggi dirigente – all’interno della struttura di missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia – proprio nel ministero della rossa di Calolziocorte che ha commissionato la produzione dello spot.
I due si conobbero proprio ai tempi della trasmissione Fininvest. Come? Lo spiega lo stesso Prussia. Sotto il titolo “Sono diventato famoso rovistando nella spazzatura, poi ho venduto mutande”, nel maggio 2010 spiega a Libero che galeotto fu un incontro con Berlusconi, che lo spinse a inseguire i suoi sogni: “Decido di andare a Milano, a Mediaset (in verità sarebbe Fininvest ndr.), per incontrare Giorgio Medail che conduce il programma I misteri della notte”. Nascerà da quell’incontro la sua carriera televisiva: prima Studio Aperto, poi la trasmissione Hotel California, che per tre stagioni lo porterà di fronte agli spettatori di Italia Uno a intervistare Pamela Anderson, o setacciare la spazzatura di Brad Pitt e Marlon Brando.
Dopo l’exploit la strada con Fininvest si interrompe, non quella con il suo scopritore. Prussia infatti rimane negli States fino al 2002, e quando torna in Italia fonda con Medail la Jolly Roger, appunto, che in quel momento ha come ragione sociale la produzione e la vendita di magliette, mutande, vestiti personalizzati in genere. Prussia se ne inventa alcuni che gli danno non pochi grattacapi – “meglio sette nani che un principe stronzo” recita una maglietta – poi rileva integralmente il capitale e cambia la ragione sociale per tornare all’amore di un tempo: produzione video.
Raggiunto dal Fatto Quotidiano, il titolare della Jolly Roger nega tuttavia che ci sia alcuna relazione tra il contratto per lo spot e le conoscenze di vecchia data: “Ho seguito tutti gli iter burocratici normali”, dice, “e non sono un prestanome, Medail non c’entra niente con la Jolly Roger”. Ha ragione: Medail è uscito dal marchio almeno dal 2005 e da allora la società è tutta sua e del fratello Giovanni.
EPPURE PRUSSIA non ricorda le circostanze in cui è venuto a conoscenza della possibilità di fare uno spot: “Dovrei andare a controllare, sono passati due anni. Forse perché vado matto per i cani. Non so nemmeno perché abbiano scelto me. Anzi, pensavo proprio che non avrei vinto”. Né ricorda l’importo complessivo percepito, 180mila euro saldati nel gennaio del 2010. Non poco, abbastanza per conservare il dubbio: perché il ministero del Turismo ha affidato proprio a lui il progetto, e ad un costo fuori parametro? Un altro spot del ministero per la medesima iniziativa, interamente animato, è costato ad esempio circa 110mila euro. Il valore di mercato, poi, sarebbe anche più basso: “Tra i 60mila e i 120 mila euro” spiegano i produttori cui il Fatto si è rivolto per una valutazione. La variabile più grossa la dà paradossalmente l’unica parte non girata: “I sette secondi di Fan-tozzi, a seconda degli accordi per i diritti presi con il distributore”. Ma in quel caso, spiega un produttore milanese, “un producer accorto avrebbe cambiato il soggetto. E un ministero competente non avrebbe accettato il progetto”.
Add Comment