17 Dicembre 2021
L’amico Saverio scrive questo articolo e me lo manda, visto il nostro interesse anche per le Giostre e Quintane grazie a Brontolo Roberto Parnetti che ce ne informa e ci fa seguire questo mondo pubblichiamo.
di Saverio Crestini
Re, campioni, eroi, leggende. Dal 1931 i Cavalieri della Giostra sono la speranza dei Quartieri, figure mitiche che possono cambiare il destino di un Popolo con un “semplice” tocco di lancia. Il loro compito in piazza Grande è circoscritto in poco più di quatto secondi e mezzo: è in questo lasso di tempo che devono gestire l’impeto del proprio cavallo, prendere la mira e colpire il centro del tabellone per portare a casa la vittoria. Un gioco semplice, verrebbe da dire, se non fosse per i 46 metri di incognite dettati dalla lizza che caratterizzano la carriera del torneo, come riporta l’antico regolamento del 1677.
Ad Arezzo i “giostratori” sono custodi di una tradizione millenaria, discendenti dei più valorosi uomini a cavallo che durante il medioevo si addestravano militarmente in vista delle battaglie e che spesso si cimentavano in tornei organizzati fuori dalle mura delle città assediate allo scopo di schernire l’avversario. Deposte le armi della guerra, alla fine del Quattrocento diventeranno protagonisti delle celebri giostre ad tabulam (scontro tra cavalieri) e ad Burattum (scontro contro il Buratto) corse in onore delle grandi élites nobiliari toscane e del Granducato, torneamenti che successivamente, nel 1700, si trasformeranno in giochi popolari e di spettacolo fino ad arrivare ai giorni nostri. Ma è con la rinata Giostra voluta dal podestà Pier Ludovico Occhini nel 1931 che si plasma la figura del cavaliere moderno, la cui caratteristica principale sarà quella di non correre più a titolo individuale, bensì per un Quartiere di appartenenza e insieme ad un compagno. È qui che inizia la storia dei più grandi giostratori di sempre.
Campioni intramontabili
Le leggende del Saracino, quelle tutt’ora imbattute in termini di record, nascono negli anni Trenta: sono Tripoli Torrini, Donato Gallorini e Arturo Vannozzi a conquistare il maggior numero di lance d’oro nella storia della festa, oltre ad essere i primi a trasformare il ruolo del giostratore in una professione.
Tripolino, nato a Pozzuolo Umbro (PG), detiene il primato di vittorie nella Giostra di Arezzo: sono 15 le edizioni che portano la sua firma passando per i colori di Porta Crucifera, Porta Sant’Andrea e Porta Santo Spirito. È anche l’unico eroe di piazza Grande, insieme a Fernando Leoni detto Ganascia, a trionfare persino in piazza del Campo a Siena, vincendo ben sei edizioni del Palio. Una carriera straordinaria quella del “fantino gentiluomo”, ancor oggi ricordato come uno dei più grandi cavalieri italiani di sempre.
Donatino e Arturo Vannozzi, invece, sono i primi campioni aretini a scrivere la storia del Saracino vincendo entrambi 14 edizioni: il primo lo farà con la penna di Porta Crucifera e Porta Santo Spirito (correndo 9 volte il Palio senza mai vincerlo), il secondo con i colori Porta del Foro e Colcitrone, tanto da diventare padre di una dinastia di cavalieri: Arturo, in rosso verde, conquisterà 12 vittorie per poi passare il testimone al figlio Eugenio, che sul colle crucifero di lance ne ha ottenute 7 tra gli anni ottanta e novanta, e infine al nipote Alessandro, protagonista di 11 successi a Palazzo Alberti a cavallo tra gli anni novanta e duemila. Il cognome Vannozzi, in termini di vittorie, è valso al quartiere di Porta Crucifera qualcosa come 30 lance d’Oro. 80 anni di gloria dal 1936 al 2016.
Di questo periodo storico si conosce ben poco dal punto di vista equestre: i cavalli migliori, si narra, erano quelli che tiravano le “carrozzelle” in quanto animali resistenti, dall’andatura costante e abituati ai rumori della folla. La preparazione, invece, avveniva sia nelle strade del centro storico che in quelle di periferia come ricorda in una preziosa testimonianza di Antonio Martini, cavaliere di porta del Foro degli anni Trenta: “A casa avevo una bella cavallina e, affinché prendesse confidenza con la folla e i rumori in vista della piazza, l’attaccavo al calesse di mio padre e me ne andavo in giro per Arezzo. Per la “pista” di allenamento, invece, avevo scelto lo stradone delle Costacce, una strada che rimaneva dietro casa mia al podere Mulinaccio, nella zona che oggi è denominata Setteponti”.
Riguardo la preparazione tecnica, quella con la lancia per inteso, non sappiamo nulla. Ad oggi non è mai giunta alcuna testimonianza sull’utilizzo di bersagli o riproduzioni del Buratto al fine di un allenamento: non è un caso che i punteggi marcati nelle giostre tra gli anni Trenta e Sessanta fossero molto bassi, andando a coprire ogni settore del tabellone.
Per vedere ad Arezzo un livello giostresco di maggior spessore, dopo lo strapotere negli anni 30, 40, 50 e 60 di Tripoli Torrini, Donato Gallorini, Arturo Vannozzi, Giuseppe Neri e dei “gregari” Bruno Gori, Antonio Chianese, Priamo Ducci, Ivo Bottacci, Marino Gallorini (fratello di Donatino), Giovanni Cordini e Assuero Favi, si deve attendere l’era dei forestieri.
Arrivano gli stranieri
All’epoca già famosi nel mondo delle quintane, giostre e corse all’anello, i cavalieri extra moenia sono stati l’anima della Giostra del Saracino dalla fine degli anni Sessanta fino all’inizio degli anni Novanta: i primi ad arrivare ad Arezzo furono Paolo Giusti e Marcello Formica nel 1966, veri e priori miti nelle quintane di Foligno e Ascoli. Nel totale conquisteranno ben 11 lance d’oro per la fortuna di Porta Santo Spirito, con Giusti che alzerà 7 volte “il brocco” tra i Bastioni.
L’ingaggio del leggendario cavaliere Franco Ricci nel 1968 da parte del quartiere di Porta Sant’Andrea (9 vittorie in bianco verde e un cappotto a Colcitrone) segnò l’inizio di una grande amicizia tra Arezzo e Faenza, patria del Niballo. Dopo il suo arrivo, infatti, si lanceranno nella sfida contro il Buratto anche Vittorio Zama dal 1969 (2 vittorie), Gabriele Tabanelli (4 vittorie), Mario Giacomoni e Alberto Nensor dal 1971, Vincenzo Verità detto “il Faenza” dal 1974 (6 vittorie), Silvano Gamberi dal 1977 (4 vittorie), Massimo Montefiori dal 1979 (3 vittorie), Davide Tredozzi dal 1992, Willer Giacomoni nel 1994 e Gianni Vignoli dal 1995 (1 vittoria). Forti dell’esperienza equestre con i cavalli purosangue e dotati di una capacità tecnica sopraffina maturata nelle competizioni di velocità, questi giostratori sono stati gli assoluti protagonisti della piazza, portando vittorie di spessore (e due cappotti) tra Sant’Andrea, Colcitrone e Santo Spirito. Nessun faentino, invece, ha mai trionfato con Porta del Foro.
Una menzione speciale, oltre a Franco Ricci detto “Il bello” (colui che mise la parola fine alla maledizione del “Sant’Andrea poverino perde sempre il Saracino”) la merita Marco Filippetti, cavaliere proveniente dalla Corsa all’Anello di Narni che tra il 1985 e il 2004 porterà in Colcitrone 8 lance d’oro, formando una delle coppie più forti della Giostra insieme a Eugenio Vannozzi.
Rispetto all’evoluzione di cui parlavamo all’inizio, il quattro orizzontale diventa il tiro più ambito e i cavalli, che spesso arrivavano direttamente da Faenza e venivano selezionati durante le prove libere in piazza a pochi giorni dalle carriere, diventano sempre più determinanti per l’esito del punteggio.
La scuola aretina
Per parlare di una vera e propria scuola di giostratori aretini si dovrà attendere l’inizio degli anni Ottanta, grazie all’intuizione del cavaliere Mario Capacci: a lui, oltre alla conquista di 7 vittorie a Porta del Foro (2 cappotti!) in coppia con l’amico Paolo Parigi, si deve la realizzazione del primo campo prova dotato di Buratto nella sua proprietà in località la Cella.
Inizia proprio qui il percorso di Eugenio Vannozzi e Maurizio Gori, cavalieri che per primi poterono avvalersi di una struttura che riproduceva, almeno in lunghezza, la lizza di piazza Grande e un parco cavalli scuderizzati (molti di proprietà dello stesso Capacci). La sua idea prende campo anche tra altri gli aspiranti giostratori di Arezzo che iniziano a realizzare ambienti idonei alla Giostra nei propri maneggi o case di campagna.
La fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni ‘90 rappresenta per il Saracino il momento di passaggio tra il “dominio faentino” e un nuovo modo di fare giostra dettato esclusivamente dai cavalieri della città di Arezzo. Precursore di questa scuola è un aretino e il suo nome passerà alla storia: Martino Gianni. Allievo di Vincenzo Verità, dopo essere stato un focoso figurante di Porta Sant’Andrea fa il suo esordio come giostratore il 7 luglio 1984 e vince al primo colpo, disputando persino lo spareggio. Due mesi più tardi scenderà di nuovo in piazza Grande e conquisterà la seconda lancia d’oro di fronte al Presidente della Repubblica Sandro Pertini nella straordinaria di settembre. Un predestinato che arriverà a vincere 13 giostre solo con i colori bianco verde, meritandosi l’appellativo di “Re della Piazza”.
A lui si deve un nuovo modo di stare in sella, tenere la lancia e prendere la mira di fronte al tabellone: con Martino si inizia a colpire il cinque per vincere la Giostra. Ma non solo, anche la scelta dei cavalli diventa ormai fondamentale: i migliori, a suo avviso, sono gli anglo arabi come il grande Fraddiavolo.
Quando terminano la loro carriera Vincenzo Verità, Massimo Montefiori, Franco Ricci e Marco Filippetti, dai primi anni Novanta, subentrano quegli aretini che passeranno alla storia: Maurizio Sepiacci, compagno storico di Martino con cui vincerà 8 edizioni, Gabriele e Luca Veneri, fratelli che faranno la fortuna di Porta del Foro con 8 successi, Gabriele Gamberi, figlio di Silvano, Carlo Farsetti, nuovo specialista del cinque nato in Santo Spirito, Alessandro Vannozzi, campione della dinastia rossoverde che farà parlare di se per ventidue anni, e Daniele Gori, enfant prodige dei primi anni duemila.
Con loro affronteranno il Buratto gli inseparabili Galileo, Margot, Nelson, Stella, Marcello, Sabrina, Insulina, Spirit, Kid, Joe Prediction, Nocciolina, Donnie Brasco, El Chico, Carlito Brigante, Lousion, Malizia, Giusy, Angel Son Jay, Deba, Perla, Sasha, Doc Bar Peppy’s e Doc Ojana Remedy, solo per citare i cavalli più noti. Il tiro per portare a casa la lancia d’oro? Spesso e volentieri, sarà il quattro orizzontale.
I campioni di oggi
Da questo momento storico nulla è più improvvisato nella preparazione dei cavalieri: con la nascita dell’Istituzione Giostra del Saracino nel 1995 le prove in piazza vengono regolamentate e ogni Quartiere avrà a disposizione uno spazio di tempo per simulare le carriere. In questo frangente inizia l’alternanza dei giostratori per disputare le carriere di spareggio, viene spostata la prima edizione del Saracino dall’ultima domenica di agosto all’ultima domenica di giugno (dal 2002 al penultimo sabato) e viene organizzata la Prova Generale, una simulazione della Giostra dedicata ai giostratori di riserva. Inoltre si iniziano a cercare cavalli in giro per l’Italia con le caratteristiche più idonee alla competizione: tra queste non devono mancare il coraggio, la statura piccola e l’assenza della linea di sangue inglese. La fine di Martino come giostratore, nel 2003, segna la quarta fase della Giostra: quella dei fenomeni.
Forti di scuderie all’avanguardia e preparatori a terra, ad alzare ancora di più l’asticella tecnica ci pensano in prima battuta Enrico Vedovini e Stefano Cherici, coppia storica di Porta Sant’Andrea che conquisterà ben 10 lance d’oro dal 2004 al 2017 con il supporto di Angiolo Checcacci e Manuele Formelli. Il primo, definito il “novello D’Inzeo” per le sue formidabili doti a cavallo, ha colpito il centro in carriera 17 volte (- 1) portando in piazza San Giusto 12 trofei insieme a Stella, Pepè e Peter Pan. Il secondo, soprannominato “Bricceca”, rappresenta l’emblema del quartierista che diventa giostratore e porta in gloria il suo rione. Come lui il sostituto Tommaso Marmorini detto Benzina, giovane bianco verde che esordisce nel 2018 con un cinque e una vittoria che vale la testa dell’albo d’oro a pari merito con Porta Crucifera.
A tenere testa ai bianco verdi fino al 2016 ci penserà il formidabile Alessandro Vannozzi che, con 11 vittorie e 17 lance sul cinque in sella a Perla, Sascha, Giusy e Merlino, rimane a tutti gli effetti il più grande giostratore rosso verde dell’era moderna. Suoi compagni di viaggio negli anni saranno Daniele Gori, vincitore di 4 giostre tra il 2000 (compresa l’edizione del centenario), 2001 e 2002, Marco Cherici (2 vittorie nel 2005 e 2008) e Carlo Farsetti, fuoriclasse che su Angel Son Jay, Giusy e Carlito Brigante colpirà 10 volte il centro in carriera vincendo 7 giostre. Di lui sono celebri svariati momenti: il braccio che si carica a molla mentre scende al pozzo, la lancia spezzata sul cinque (dieci!) nel 1999, il passaggio da Porta Santo Spirito a Colcitrone dopo aver vinto con la “sua” Colombina quatto lance d’oro (segnando, di fatto, la nuova era dei trasferimenti) e il tragico impatto contro il Buratto che non gira nel 2003 e il ritorno in sella dopo essere stato disarcionato, dimostrando a tutti il suo incredibile coraggio. Oggi gli eredi di questi grandi cavalieri sono Adalberto Rauco e Lorenzo Vanneschi, vincitori dell’edizione 2021 (con lancia rotta) che hanno riportato Porta Crucifera al primo posto solitario nell’albo d’oro della Giostra.
Per Porta del Foro, invece, gli anni 2000 sono caratterizzati da un digiuno lungo dodici anni: dopo le vittorie di Enrico Giusti nel 2003, 2005 e 2007 con Luca e Gabriele Veneri, si dovrà attendere il miracolo di Gabriele Innocenti e Davide Parsi nel giugno del 2019 per rivedere il brocco dorato in San Lorentino. In questo sfortunato lasso di tempo hanno corso per la Chimera anche Giovanni Bracciali, Daniele Gori, Stefano Mammuccini, nuovamente Luca Veneri, Andrea Vernaccini e Andrea Carboni. Senza mai vincere.
Il 2011 segna una nuova svolta per la storia della Giostra: Martino Gianni, gloria di Sant’Andrea, diventa il nuovo preparatore di Porta Santo Spirito vincendo all’esordio con Marco Cherici (lancia spezzata) e Daniele Gori. Ma ai Bastioni quel trionfo non basta e si decide di aprire un altro ciclo puntando su due nuove cavalieri: prendono la lancia Elia Cicerchia, fenomeno fino ad allora sconosciuto, e Gianmaria Scortecci, nipote dello storico Rettore Guido e figlio del già Capitano Franco. In pratica, un nuovo predestinato della Colombina. Nel giro di soli otto anni “i ragazzi terribili” conquisteranno niente meno che 10 lance d’oro frantumando ogni record possibile e immaginabile: nel 2012 aprono le danze con un cappotto che poi diventerà triplete con la vittoria del giugno 2013. Nel 2014 vincono ancora e nel 2016, grazie all’edizione straordinaria del Giubileo della Misericordia, conquistano un nuovo triplete che si trasformerà in poker con la vittoria del giugno 2017. I trionfi del 2018 e 2019, infine, fanno balzare Santo Spirito in testa all’albo d’oro a pari vittorie con Sant’Andrea e Colcitrone. Persino i risultati sul cartellone sono impressionanti: Cicerchia marca il centro al suo tiro d’esordio, nonostante la caduta da cavallo al pozzo. E così farà per altre undici volte in sella a Baby Doll, El Chico e Olympia. Scortecci, invece, dopo Machine Gun e Palmasol dovrà attendere l’arrivo di Napoleone nel 2015 per riuscire a marchiare il cerchio rosso: da quel momento non ha mai smesso, tanto da colpirne dieci di cui cinque consecutivi. E gli ultimi con un nuovo cavallo, Doc.
La piazza adesso attende una nuova storia, un ciclo di gloria e coraggio che vedrà protagonisti sempre loro, i giostratori: da ora in poi tutto passerà nuovamente dalla lizza, la striscia di terra che scandice la vita di quattro Popoli e ne determina le sorti, gli equilibri, le unioni e le divisioni. Anche da qui passano le dinamiche della società aretina, in perenne conflitto dai tempi del medioevo e in lotta, non di rado, persino nelle vittorie.
Ma questa è Arezzo. E noi, ne siamo l’essenza.
Fonte: Discover Arezzo
Alla prossima Pier
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