11 MARZO 2020
Oggi conosciamo la cittadina di Abbiategrasso, anche lei ha il suo Palio che viene da storia antica anche se ha solo 41 anni. Abbiategrasso è cittadina Medioevale la sua storia ce lo narra sempre grazie a Wikipedia. Buona lettura.
Alla prossima Brontolo
Abbiategrasso comune |
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Localizzazione | |||
Stato | Italia | ||
Regione | Lombardia | ||
Città metropolitana | Milano | ||
Amministrazione | |||
Sindaco | Francesco Cesare Nai (centrodestra) dal 25-6-2017 | ||
Territorio | |||
Coordinate | 45°24′03.24″N 8°55′06.6″E | ||
Altitudine | 120 m s.l.m. | ||
Superficie | 47,78 km² | ||
Abitanti | 32 626[1] (30-11-2018) | ||
Densità | 682,84 ab./km² | ||
Frazioni | Ca´Di Biss, Castelletto Mendosio, Castelletto | ||
Comuni confinanti | Albairate, Cassinetta di Lugagnano, Cassolnovo (PV), Cerano (NO), Morimondo, Ozzero, Robecco sul Naviglio, Vermezzo con Zelo, Vigevano (PV) |
Territorio
Il territorio di Abbiategrasso è interamente compreso nel Parco lombardo della Valle del Ticino; l’abitato di Abbiategrasso sorge a cavallo del ciglio del dislivello formato dalla valle del Ticino e lungo la “linea dei fontanili”, la quale divide l’alta Pianura Padana dalla bassa Pianura Padana.
Il territorio abbiatense giunge fino alle sponde del fiume Ticino ed è attraversato dai Navigli nell’area della frazione di Castelletto Mendosio da dove il Naviglio Grande si stacca a formare il Naviglio di Bereguardo.
Pur non essendo fortemente popolato, è il comune con la superficie più vasta nella città metropolitana dopo il capoluogo.
Clima
Il clima di Abbiategrasso è quello caratteristico delle pianure settentrionali italiane con inverni freddi e abbastanza rigidi ed estati che risentono di elevate temperature; la piovosità si concentra principalmente in autunno e in primavera. Il paese appartiene alla zona climatica E.
ABBIATEGRASSO | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 3,5 | 6,7 | 12,5 | 18,3 | 23,0 | 28,8 | 30,8 | 28,8 | 24,4 | 17,0 | 10,3 | 4,9 | 5,0 | 17,9 | 29,5 | 17,2 | 17,4 |
T. min. media (°C) | −2,0 | −0,7 | 3,7 | 8,0 | 12,2 | 16,4 | 18,4 | 17,5 | 14,4 | 9,0 | 4,2 | −0,5 | −1,1 | 8,0 | 17,4 | 9,2 | 8,4 |
Origini del nome
L’origine del nome Abbiategrasso ha radici profonde nella lingua celtica e quella latina, che per mezzo di traslitterazioni e crasi portarono al nome odierno.
La radice del nome Abbiategrasso potrebbe derivare dal celtico Abia (acqua) + atis (desinenza toponomastica) , per cui la traduzione sarebbe Luogo d’Acqua, nome che avrebbe origine quindi dalle caratteristiche del luogo, poiché Abbiategrasso, oltre a sorgere a meno di una decina di chilometri dal Ticino, sorge sulla cosiddetta Linea dei Fontanili, ovvero il punto in cui tutti i corsi sotterranei che caratterizzano l’alta Pianura Padana riemergono a livello del suolo, formando numerosi rivoli.
Il periodo di dominazione romana vide la latinizzazione delle popolazioni presenti sul territorio dell’abbiatense, tra cui la tribù di Galli che ivi era insediata e che prese il nome di Gens Abia o Avia, il cui nome deriverebbe appunto dal celtico.
Il nome latinizzato divenne probabilmente Habiate; infatti risale al 1304, in piena epoca medievale, un documento che si riferisce all’abitato come Habiate qui dicitur Grassus, un titolo, quello di grassus, dovuto al fatto che il borgo sorgeva su quella che veniva chiamata la valle grassa, ovvero la valle fertile.
Successivamente i due nomi furono uniti e italianizzati nell’attuale nome di Abbiategrasso.
Storia
Dalle origini al medioevo
La zona dell’Abbiatense, come tutta la pianura padana occidentale, fu abitata fin dall’Età del bronzo da tribù liguri, celtiche o celto-liguri quali gli Insubri, cui seguirono a partire dal IV secolo a.C. le popolazioni galliche provenienti da oltralpe. Un forte impulso alla crescita giunse però solo in epoca romana, come testimoniano i ritrovamenti avvenuti nelle cascine del territorio ed in particolare alla cascina Pestagalla, dove nel 1954/1955 è stata rinvenuta una grande necropoli con 270 tombe di cremati, stanziati in una comunità agricola locale. Gran parte di questi antichi insediamenti sorgevano sulla via mercantile (“Strada Mercatorum”, oggi Strada Mercadante) che scorreva parallela al fiume Ticino. Il Parodi, in una sua relazione sulla storia di Abbiategrasso, sostiene addirittura che nel celebre scontro sul Ticino tra Annibale ed i Romani, genti di Ozzero e di Abbiategrasso avessero preso parte alla battaglia, schierandosi con i celti.[6]
L’economia era quindi basata principalmente sull’agricoltura, con la coltivazione di cereali, la produzione di vino e olio e l’allevamento di bestiame. In epoca romana il territorio di Abbiategrasso era attraversato da un’importante strada romana, la via Gallica. Alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente il territorio subì le invasioni celtiche, fino allo stanziamento dei Longobardi, e successivamente anche le razzie delle tribù ungare tra la fine del IX secolo e l’inizio del X secolo. Nel 1034 Abbiategrasso era già possedimento dell’arcivescovo di Milano, che fece costruire un avamposto difensivo[7], distrutto nel 1162 durante la calata in Italia di Federico Barbarossa.
Negli anni successivi il borgo si sviluppò non più solamente intorno alla chiesa di San Pietro, ma anche verso sud, dove nei pressi dell’attuale chiesa di Santa Maria Vecchia sorgeva un piccolo castello. Quest’ultimo abitato divenne il principale centro di riferimento, mentre il borgo più antico continuò a crescere con una certa autonomia, ravvisabile urbanisticamente ancora oggi. A partire dal XII secolo, Abbiategrasso passò sotto la direzione territoriale e spirituale della Pieve di Corbetta.
L’epoca viscontea e sforzesca
Nel 1277 Abbiategrasso divenne parte dei domini del contado della città di Milano, passata sotto il governo dai Visconti, che qui iniziarono una serie di opere per fortificare il borgo, grazie in particolare all’opera di Matteo I Visconti, che esercitò le funzioni di vicario generale per conto dell’imperatore Arrigo VII e di Galeazzo II Visconti che, in coreggenza con i fratelli, ottenne la gestione dei beni che comprendevano, tra gli altri, Vigevano ed Abbiategrasso. Bianca di Savoia, all’atto del suo matrimonio con Galeazzo II, ottenne dal consorte la signoria del borgo di Abbiategrasso e qui prese la propria dimora estiva, all’interno della primitiva rocca esistente in paese.
A partire dal 1381 venne eretto il castello visconteo ancora oggi visibile e sempre al XIV secolo risale la citazione documentaria di tre porte cittadine, quella detta “di San Pietro”, quella detta di “San Martino” e quella detta “Nuova”, il che fa presumere che Abbiategrasso fosse già dotata di un sistema murario articolato. Risale a questo periodo (1373, per concessione della stessa Bianca di Savoia) lo stemma cittadino, quando il borgo ottenne il potere giudiziario.
Nel 1405, per far fronte alle spese militari sostenute, il duca Giovanni Maria Visconti vendette per 11.000 fiorini d’oro la terra ed il castello di Abbiategrasso alla famiglia di Giovannolo da Vimercate, insieme a Ubertino da Ghiringhelli, Giacomo da Cardano, Giacomo Biglia e Martino Bianchi da Velate.[8] Questi nuovi feudatari, ad ogni modo, detennero solo per breve tempo i possedimenti di Abbiategrasso, dal momento che nel 1411 la città venne occupata dal condottiero Facino Cane, al servizio di Gian Galeazzo Visconti e poi di Giovanni Maria, prendendo quindi possesso di Alessandria, Piacenza e Pavia. Il feudo tornò ai duchi di Milano, che lo passarono a Beatrice di Tenda, già vedova di Facino Cane e moglie poi del duca Filippo Maria Visconti, la quale soggiornò spesso al castello[9] sino al 13 settembre 1418, quando da qui venne trasportata verso il castello di Binasco, dove venne decapitata per tradimento.[10]
Nel 1431 sostò ad Abbiategrasso Bernardino da Siena, ospite del duca di Milano, che lo aveva molto in considerazione.
Nel 1450, alla presa di potere da parte di Francesco Sforza che abbatté la Repubblica Ambrosiana sorta dopo la morte dell’ultimo Visconti, Abbiategrasso giocò un ruolo fondamentale: mentre il condottiero Sforza teneva sotto assedio Milano, nell’impossibilità di attaccarla direttamente, decise di prenderla per sfinimento e quindi si accanì su Abbiategrasso dove, secondo quanto riportato anche da Pietro Verri nella sua Storia di Milano, deviò le acque che giungevano ai mulini e privò la metropoli milanese dei suoi rifornimenti esterni di grano.
Ad Abbiategrasso, dal suo matrimonio con Galeazzo Sforza nel 1468, risiedette la duchessa consorte Bona di Savoia e sempre qui, nel 1469, nacque il duca di Milano Gian Galeazzo Sforza.
Dalla caduta del dominio sforzesco all’epoca napoleonica
L’ultimo atto di interesse storico nel ducato di Milano riguardante la città di Abbiategrasso risale all’8 marzo 1523, quando il duca Francesco II Sforza donò metà dei propri possedimenti e della rocca della città al nobile Pietro Pusterla, decretando così la fine dell’interesse ducale per la corte abbiatense.
Nella primavera del 1524 l’imperatore Carlo V, che aveva ereditato il ducato di Milano alla morte dell’ultimo duca, sconfisse le armate francesi (che vantavano le medesime pretese sul milanese) nella battaglia di Romagnano. Il contingente francese si ritirò nella rocca di Abbiategrasso con a capo l’ammiraglio Guillaume Gouffier de Bonnivet. Abbiategrasso venne cinta d’assedio dalle truppe degli imperiali, che costrinsero i francesi a ritirarsi verso il Piemonte e da li in Francia. Lo stesso imperatore Carlo V entrò in Abbiategrasso il 14 marzo 1533 sulla via per raggiungere e prendere possesso del ducato di Milano.
Il Ducato di Milano passò quindi sotto l’influenza e l’occupazione spagnola, che fece dapprima rafforzare le mura e poi demolire il castello di Abbiategrasso, che ormai aveva perso la propria funzione strategica con l’entrata in uso della polvere da sparo. La demolizione della struttura fu ad ogni modo solo parziale: il castello visconteo venne ridotto a semplice casa nobiliare, per poi tornare di uso pubblico a metà dell’Ottocento.
Il 30 marzo 1570 San Carlo Borromeo, all’epoca arcivescovo di Milano, decise di erigere la chiesa di San Pietro di Abbiategrasso al rango di parrocchia ed il 2 aprile 1578 la proclamò prepositurale, distaccandola quindi dal secolare legame che stringeva la città di Abbiategrasso e la sua chiesa alla Pieve di Corbetta ed andando a costituire la Pieve di Abbiategrasso, comprendente anche le parrocchie suburbane e di Castelletto Mendosio. Nell’ottobre del 1604 il borgo ricevette in visita pastorale anche il cardinale Federico Borromeo.
Nel 1707 Abbiategrasso passò sotto il controllo austriaco, cui restò soggetto fino al 1859, dopo un’intensa attività risorgimentale.
Abbiategrasso dal Risorgimento al Regno d’Italia[modifica | modifica wikitesto]
Dopo la fine del periodo napoleonico, Abbiategrasso venne coinvolta direttamente negli avvenimenti della Prima guerra d’indipendenza italiana, dapprima accogliendo Giuseppe Mazzini come profugo presso la residenza estiva del nobile Gaspare Stampa e poi con la vicenda del patriota Serafino Dell’Uomo, tragicamente ucciso ad Abbiategrasso ed ivi sepolto.
Con il passaggio al Regno d’Italia Abbiategrasso si sviluppò anche dal punto di vista industriale e la sua crescita venne accompagnata dall’edificazione di un ospedale nel 1882, di un imponente cimitero e di nuove scuole. Abbiategrasso divenne capoluogo di un circondario della provincia di Milano.
Nel 1869 venne aggregato ad Abbiategrasso il soppresso comune di Castelletto Mendosio.
Nel 1870 fu aperta la linea ferroviaria Milano – Mortara, che provocò il declino del trasporto fluviale sui Navigli. Ad Abbiategrasso fu costruita una stazione ferroviaria grazie al contributo dei commercianti locali, che si autotassarono per far sì che il tracciato della linea ferroviaria passasse per il comune.
Il 31 marzo 1932 Abbiategrasso fu insignita del titolo di città.
Stemma
Abbiategrasso è uno dei pochi comuni rurali che possieda un suo stemma già dal 1400, forse perché aveva ottenuto il potere di emettere sentenze in materia giudiziaria sin dal 1373, per le cause civili, e dal 1437 per quelle penali. Il più antico stemma che si ricordi risale al XV secolo ed è stato rintracciato su un marchio a secco riprodotto su un documento cartaceo in cui si vede San Pietro, antico protettore della città, che sostiene uno scudo in cui campeggia un leone rampante. Il primo stemma a colori della città è stato invece rintracciato su una bolla di papa Paolo III del 24 aprile 1544 in cui è rappresentato un leone rampante di rosso, senza corona, su un campo di colore argento. L’ultima sua trasformazione risale al 1930 quando, variati gli smalti, il leone è stato sormontato da una corona all’antica d’oro.
Onorificenze
Titolo di Città | |
— Regio Decreto (R.D.) del 31 marzo 1932 |
Gemellaggi
(gemellaggio triangolare)
Chiesa di San Bernardino
La chiesa di San Bernardino costituisce in Abbiategrasso un esempio notevole del barocco lombardo del XVII secolo, dopo le ristrutturazioni appostate da Francesco Maria Richini.
La chiesa venne originariamente eretta nel XV secolo in onore di San Bernardino che la tradizione vuole essere stato accolto in città nel 1431. Col tempo si sentì la necessità di realizzare una chiesa più grande che potesse accogliere un numero sempre maggiore di fedeli, la cui prima pietra venne posta il 30 agosto 1614. I lavori si protrassero in vari stadi: nel 1686 venne progettato e realizzato il coro, mentre il campanile venne eretto solo nel 1717.
La chiesa dispone ancora oggi di una pianta rettangolare, caratterizzata da una facciata tipicamente barocca sempre progettata dal Richini, decorata con lesene, statue e ornamenti architettonici che arricchiscono l’impatto visivo dello spettatore sulla chiesa. L’interno è invece contraddistinto da un’unica navata con una volta a botte, decorata con stucchi e marmi, mentre l’altare risale all’inizio del XIX secolo. Sul medesimo si trova una nicchia con una statua raffigurante la Vergine del Rosario, opera dello scultore Grazioso Rusca, risalente al 1820.
L’organo posto in controfacciata è opera dei celebri fratelli Prestinari di Magenta (Mi) e fu costruito nel 1853 col numero d’opus 280. Lo strumento, in disuso dagli anni sessanta del secolo scorso è oggi inutilizzabile ed in attesa di restauro.
Chiesa di San Rocco
L’edificio in origine affacciato sul Naviglio Grande di Abbiategrasso nel punto in cui venne derivato il Naviglio di Bereguardo, venne costruita dalla popolazione abbiatense in adempimento di un voto fatto per mettersi sotto la protezione di San Rocco durante la peste del 1630. I lavori terminarono nel 1632 quando venne consacrata la mensa. La chiesa ottenne una notevole donazione nel 1663 grazie al possidente Galeazzo Tarantola che qui stabilì con legato testamentario una cappellania a nome della sua famiglia.[14]
A livello architettonico, la chiesa presenta una facciata leggermente arretrata rispetto all’allineamento degli adiacenti edifici, sull’attuale viale Mazzini, e si presenta divisa in due ordini e coronata da timpano, è ornata ai lati del portone da nicchie con statue di santi. L’edificio è a navata unica di pianta quasi rettangolare con muri perimetrali in laterizio a mattoni pieni a vista. Elemento caratteristico è il campanile in muratura rimasto incompleto e con soli due muri perimetrali. La navata della chiesa è coperta con volte a botte semplici e lunettate in muratura, il presbiterio con volta a crociera a sesto ribassato. La copertura è a tetto semplice a due falde simmetriche sulla navata e a tre falde a padiglione sopra il presbiterio, con capriate in legno. Il manto è in coppi di laterizio. L’interno conserva un’interessante pala d’altare. L’organo, in attesa di restauro, venne costruito da Luigi Bernasconi di Varese nel 1893.
Chiesa di San Pietro
Il complesso è costituito dalla chiesa, con annessa cappella della Madonna, battistero e locali deposito, e a destra dell’abside, dall’alto campanile barocco. I muri perimetrali sono in laterizio a mattoni pieni a vista nella chiesa e intonacati esternamente nel campanile. Le strutture orizzontali nella chiesa sono costituite da volte e cupole in muratura e da solai in laterocemento, mentre nel campanile vi sono alcuni solai in legno e altri in laterocemento. La copertura della chiesa è mista a falde e a padiglione con colmi differenziati e manto in coppi di laterizio; il cupolone è coperto da tetto a pianta circolare con forma a cono in lastre di rame. Elemento caratteristico del campanile è la copertura a bulbo in rame. All’interno è conservato un pregevole organo realizzato nel 1821 dai celebri fratelli Serassi di Bergamo con numero d’opus 391. Lo strumento è stato restaurato nel 1996 dalla famiglia Mascioni di Cuvio (Va).
Chiesa
Edificio a tre navate a pianta poligonale con abside, battistero e cappelle laterali. Elemento significativo è la cappella della Madonna sul lato sinistro rispetto all’ingresso: è una struttura a pianta centrale composta da un quadrato circoscritto ad un ottagono. L’intero bene ha muri perimetrali in laterizio a mattoni pieni a vista sui prospetti esterni e intonacati su quelli interni. Pilastri in muratura a mattoni pieni intonacati dividono le tre navate e colonne in granito delimitano la navata centrale dall’abside e dall’ingresso. Le strutture orizzontali sono costituite da volte e cupole in muratura e da solai in laterocemento. La copertura è mista a falde e a padiglione con colmi differenziati e manto in coppi di laterizio; il cupolone è coperto da tetto a pianta circolare con forma a cono in lastre di rame.
Campanile
Edificio a pianta quadrata con murature in laterizio a mattoni pieni. Le strutture orizzontali sono per la maggior parte costituite da solai ad orditura semplice in legno. Due piani hanno solai in laterocemento. La copertura è a bulbo in lastre di rame.
Nati nel 1980, per decisione del sacerdote dell’Oratorio di San Pietro Don Luigi Alberio, e con l’aiuto di Augusto Rosetta, (primo presidente della neonata Associazione), aveva lo scopo di organizzare una corsa di cavalli montati a pelo da residenti Abbiatensi, poi gli anni passarono e le Contrade cominciarono ad ingaggiare fantini e cavalli provenienti da Siena, Asti, Legnano.
Successivamente il nuovo presidente Pierangelo Santagostino volle che tale l’Associazione avesse un nuovo scopo: allestire altre attività per una nobile causa.
Nel 2000 l’allora presidente Marcantonio Tagliabue iniziò una collaborazione con diverse associazioni sul territorio in particolare con ANFFAS con iniziative che ancora oggi sono presenti, ed iniziò nel 2003 l’era dei grandi eventi ad Abbiategrasso con il “Concerto dei NOMADI in occasione del 40°”.
Oggi in particolare, l’Associazione organizza e promuove in collaborazione con la FONDAZIONE PER LA PROMOZIONE DELL’ABBIATENSE manifestazioni quali:
il “PALIO DI SAN PIETRO” (sfilata storica e corsa ippica) , il “ CARNEVALE SANPIETRINO” ( sfilata di carri allegorici), il “CARNEVAL BIASILERO” (cena di carnevale), la “FESTA DEI BALON” (festa per la ricorrenza di San Pietro), la “FESTA DELLE CONTRADE” (serate danzanti e di spettacolo), “AVVICINIAMOCI GIOCANDO AL PALIO” (giochi di una volta), “ABBIATEGUSTO” (pranzi e cene sotto il tendone), “TELETHON” (raccolta fondi) e non per ultimo “L’ULTIMA CENA DEL …” (veglione di capodanno), oltre ad altre manifestazioni anche a carattere sportivo.
L’Associazione promuove iniziative benefiche e di azione nel sociale, in relazione ad esigenze individuali, e collettive, ed iniziative culturali atte ad elevare il livello di conoscenza e informazione circa le tradizioni, la storia ed il costume dell’Abbiatense.
Tiziano Perversi
Il Palio, grande drappo di velluto con le insegne delle Contrade di San Pietro dipinte da un pittore Abbiatense, è il “sogno” cui aspirano ben sei contendenti.
Ma per “Palio”, si intende la corsa animata ed appassionata che infiamma le Contrade Sanpietrine.Quando il Sindaco da licenza di correre il Palio pronunciando la fatidica parola “….do licenza” per le sei partecipanti incomincia una spasmodica attesa che dura per il tempo infinito – un paio di minuti – della corsa, i contradaioli sperano, tutti nel miracolo della vittoria. Ma a vincere sarà uno soltanto: il più bravo, il più fortunato e scaltro, il più irruente, il più furbo. La gioia del vincitore è incontenibile. In un attimo tutta la contrada dimentica tutte le fatiche di un anno: il lavoro per studiare e cucire i preziosi costumi della sfilata, l’impegno per mettere a punto bandiere e stendardi. Si dimenticano anche le notti passate alla ricerca del cavallo e del fantino. Tutto è ripagato da un incredibile drappo o cencio che stringe il Capitano tra le mani: il Palio. LE CONTRADE: |
ALBO D’ORO
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