1-IN SELLA ALLA STORIA

IL CAVALLO E L’UOMO – “IN SELLA ALLA STORIA” DI RITA PITTALIS

23 Agosto 2022

Salve a tutti e ben ritrovati,
Spero che la prima tappa del nostro viaggio, in sella alla storia, sia stato di vostro gradimento.
Oggi proseguiamo seguendo, per certi versi, il percorso intrapreso la scorsa settimana, anche se non sempre la rubrica si atterrà a un racconto cronologico in senso stretto.
In questo secondo appuntamento andiamo a parlare dei primi contatti che il cavallo ebbe con l’uomo, dal momento in cui iniziò ad essere addomesticato, al suo utilizzo come animale da fatica, in guerra. Un viaggio a grandi linee, spostandoci tra le grandi civiltà del passato e i popoli più storicamente vicini a noi, uno spunto di ricerca che spero possa essere apprezzato.
Buona lettura
Rita

Tutti abbiamo potuto ammirare almeno una volta, se non dal vivo attraverso documentari, libri, riviste, le bellissime raffigurazioni delle famose Grotte di Lascaux, complesso naturale della Francia Sud Occidentale nella regione della Dordogna.

La loro scoperta nella prima parte del secolo scorso, 1940, permise di riportare alla luce il prezioso contenuto racchiuso da millenni; circa 6.000 figure dipinte sulla roccia di cui ben 365 rappresentati equini! Dal punto di vista archeologico una scoperta sensazionale, e dal punto di vista dell’archeo-zoologia? Beh, sicuramente fu un notevole passo avanti per gli studiosi degli equidi in generale; dimostrò come l’uomo conoscesse, apprezzasse, rappresentasse un animale che cacciava, di cui sicuramente si nutriva e di cui andava a riutilizzare le parti per ottenere utensili e pelli; un rapporto vivo ma ancora lontano dal divenire rapporto simbiotico.

Siamo nel Paleolitico Superiore e trascorrerà ancora molto tempo prima che l’uomo diventi agricoltore e allevatore; in quel determinato momento gli equini erano ancora animali selvatici da cacciare, non diversamente da un Mammut. Esistono numerose ipotesi riguardo all’allevamento equino, quella più radicata reputa l’addomesticamento dello stesso da attestarsi in Eurasia, per merito delle civiltà residenti; sicuramente un forte impulso è da ricercarsi nella civiltà Botai, presente intorno al 3500 a.C. nel territorio dell’attuale Kazakistan. Inizialmente l’allevamento dovette essere, come per tutti gli animali, a scopo alimentare e solo in seguito possiamo supporre abbia avuto inizio un rapporto differente,
Grotte di Lascaux, cavallo cinese, Paleolitico Superiore, Francia

Immagine tratta dal libro di R. Pittalis “Un’isola a Cavallo, Storia equestre della Sardegna” Ed. Albatros il Filo, Roma, 2019. collaborativo; data l’indole di questi animali si superò il livello che poneva i due attori in funzione “cacciatore-preda” portandolo ad evolversi in qualcosa di più proficuo.

Dunque il cavallo iniziò ad essere allevato in un epoca in cui iniziarono a prendere vita le grandi civiltà palaziali, di conseguenza anche il ruolo dei cavalli andò ad evolversi. I primi esemplari venivano montati a pelo, anche se gli Assiri avevano comunque migliorato la tecnica equestre realizzando supporti fissi allacciati sotto il ventre del cavallo per ottenere una postura migliore. Per avere le prime selle, costituite da un robusto telaio, dobbiamo aspettare il III secolo a.C. a opera della civiltà cinese; gli Sciti  aggiunsero due anelli di cuoio dentro i quali infilare i piedi.

In Egitto il cavallo arrivò a opera degli Hyksos, popolazioni che penetrarono nella terra dei faraoni sul finire del periodo della storia egizia indicato come Medio regno e governarono il Nord dell’Egitto e parte del Sud nel secondo periodo intermedio, fra il 1720 e il 1530 a.C.

La loro forza militare era sicuramente garantita dal carro da guerra trainato da cavalli, sconosciuto fino allora alla grande civiltà egizia ma che in seguito, anche grazie alla dominazione di questo popolo, ne acquisì l’uso. Dalle ultime ricerche storiche gli Hyksos i “re pastori” vengono indicati come provenienti dalla Sardegna.

Nello stesso periodo, i popoli nomadi delle steppe asiatiche diventarono sempre più abili nell’uso di arco e frecce, scagliate direttamente dai cavalli in corsa, senza sella ne staffe. L’abilità di questi popoli è rimasta leggendaria fino a tutto il XIII secolo.

Arciere di Sulky, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari

Tale bravura era legata al loro costante allenamento, infatti sin da bambini imparavano a cavalcare e ad usare l’arco per proteggere le mandrie al pascolo dai predatori e dai nemici.

Curiosità.

Gli Unni erano soliti mettere la carne destinata al pasto nella sella del cavallo, tra il pelo e una coperta, in questo modo veniva “frollata”, ammorbidita, e resa più digeribile.

In Sardegna, durante l’età Nuragica, abbiamo importanti attestazioni riguardo l’utilizzo dei cavalli in guerra, esempio lampante il bellissimo bronzetto di Sulky, rappresentante un arciere saettante ritto sulla sella, trattenuto alla cintola attraverso un morso rudimentale; cosa particolare l’asta su cui poggia la barra del cavallo al petto, ingegno per evitare il beccheggio dell’animale al galoppo garantendo all’arciere maggiore stabilità,

Dunque attraverso l’uso del carro, di supporti per stare in sella, il cavallo subiva un’ ulteriore trasformazione; da preda a aiutante nel lavoro diveniva compagno di battaglia.

In realtà nell’antichità la cavalleria, com’è nel’immaginario collettivo, non fu mai la punta di diamante degli eserciti, forse un’eccezione in questo senso è da ricercarsi nel potente esercito Macedone condotto alla conquista del mondo dal più grande condottiero dell’antichità: Alessandro Magno e dal suo fedele Bucefalo. I romani, ad esempio, utilizzarono sempre i cavalli negli spostamenti attraverso i diversi Castra ma in guerra la  cavalleria fu sempre supporto e mai attore principale in battaglia, dove la vera protagonista era la fanteria. Così per tutto il periodo del Tardo Impero finché, grazie ai Vandali nel V secolo d. C., l’introduzione della staffa fece si che la cavalleria assurgesse a nuova vita, trovando nel Medio Evo il periodo d’oro (è in età carolingia che la cavalleria diviene importante per l’esercito!) , un periodo che si sarebbe protratto nei secoli successivi fino all’avvento dei mezzi meccanici. Durante i mille anni che costituiscono l’età di mezzo, il cavallo diventerà compagno fedele, mezzo e arma imprescindibile sul campo di battaglia, pensiamo alle Crociate: una cura particolare iniziò a essere riservata a questo animale che attraverso i millenni era riuscito a conquistare un posto privilegiato al fianco degli uomini. Curiosità.

Era talmente importante condurre soggetti forti e robusti in Terra Santa che il loro trasporto era caratterizzato da un procedimento abbastanza complesso. Le navi atte al trasporto prendevano il nome di Ippagoge; i capi venivano issati attraverso delle funi che passavano sotto gli arti e sollevati in modo tale che non poggiassero sulla pavimentazione dell’imbarcazione; ogni giorno degli artieri preposti frustavano gli animali per farli scalciare, in modo che gli arti non si anchilosassero. Vi sembra una mancanza di rispetto verso i cavalli? Assolutamente no! Pensate ad una traversata nel Mediterraneo per raggiungere i porti della Terra Santa ( mettiamo durante la seconda Crociata, siamo tra il 1147 e il 1150 d. C.) un mare tremendo, un mese, per giungere a destinazione, se tutto andava per il verso giusto cavalli imbarcati che poggiavano le zampe su una nave in balia di onde, beccheggi, tempeste; quanti arti rotti ci sarebbero stati? Tutti! Attraverso questa soluzione si aveva la garanzia di arrivare a destinazione con il 90% quando non il totale degli animali imbarcati nelle migliori condizioni, pronti per essere rifocillati e condotti successivamente in battaglia.

Dal Medio evo in poi la cavalleria sarà l’arma vincente di ogni esercito, andando a migliorare nella tecnica di guerra, e garantendo spesso la vittoria durante momenti critici.

Curiosità.

Durante la Guerra in Crimea nel 1855, abbiamo fatto un enorme balzo temporale, i cavalli sardi della Cavalleria Regia del Regno di Sardegna daranno prova del loro valore in  battaglia, sopravvivendo a quella disastrosa campagna militare. L’andatura dei cavalli sardi abituati a camminare “in portante” fu elemento essenziale in una terra che si presentava simile ai terreni impervi della Sardegna, dirà La Marmora: ”senza quegli animali uscirne vivi sarebbe stato impossibile!” in Crimea furono condotti quasi quattro mila capi.

Discorso a parte merita il rapporto tra uomini e cavalli nelle Americhe, lo tratteremo in un altro appuntamento perché c’è tanto da dire su quel fronte e tanti stereotipi da cancellare.

Bene, si conclude qui il nostro viaggio, dandovi appuntamento alla prossima settimana concludo con il consigliarvi alcuni libri:

  • Lucio Gratani, Storia del cavallo sardo, Ed. Soter, Sassari, 1992
  • Paolo Ghirardi, Storia del cavallo, Vallardi Industrie Grafiche, 2010.
  • A. Milan, Le forze armate nella storia di Roma Antica, Roma, 1993.

 

 

 

About the author

Pier Camillo Pinelli

Ex Fantino, ora Editore e Direttore responsabile di questo Giornale online e la penso così: "per farsi dei nemici non è necessario dichiarare Guerra, basta dire quel che si pensa" (Martin Luther King)
per mail: giornalebrontolonews@gmail.com

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